SANTISSIMA TRINITÀ
Tutto quello che il Padre possiede è mio; lo Spirito prenderà del mio e ve lo annuncerà
(Sr Serena e Sr Valentina, Monastero di Lugnacco)
La colletta propria dell’anno C nella solennità della SS. Trinità dice così: “Ti glorifichi o Dio, la tua Chiesa, contemplando il mistero della tua sapienza con la quale hai creato e ordinato il mondo; tu che nel Figlio ci hai riconciliati e nello Spirito ci hai santificati, fa’ che, nella pazienza e nella speranza, possiamo giungere alla piena conoscenza di te che sei amore, verità e vita. Per il nostro Signore Gesù Cristo tuo Figlio che è Dio e vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen”
Sembra che per entrare nella vita trinitaria ci siano date le chiavi della pazienza e della speranza. A ben vedere, pazienza e speranza attraversano tutte le letture che la Liturgia ci propone: Pr 8,22-31; Rm 5,1-5; Gv 16,12-15.
La vita trinitaria non è chiaramente una conquista da parte nostra: nessuno di noi potrebbe ardire a tanto, nemmeno i santi. E’ invece una realtà che è data in dono nel Battesimo, dono che apre la Chiesa alla gratitudine per una tale sapienza con cui ha creato e ordinato il mondo.
Come mai allora non sempre gustiamo tanta bellezza?
Il Signore Gesù nel Vangelo parla di peso. C’è un peso nella vita spirituale, nel conoscere Dio. La vita spirituale non è eterea, ha una sua consistenza che ci è resa accessibile solo dalla venuta di Lui, lo Spirito della verità. E’ lo Spirito che ci guiderà nella verità (non alla verità, come mèta, ma il greco precisa “nella verità”) secondo quanto, di passo in passo, possiamo portare. E lo Spirito ci conduce nella verità – il mistero del Figlio che è via, verità e vita – svelandoci così il volto del Padre. La Trinità non si può dunque conoscere e apprendere come materia di studio, anche se ben venga usare la testa e la comprensione dei Padri nei percorsi teologici, ma nella relazione. Lo Spirito accompagnandoci in questo cammino non parlerà da sé, ma prenderà dal Figlio, il quale prende dal Padre “Tutto quello che il Padre possiede è mio” e così prendendo dal Padre e dal Figlio porta l’annuncio a noi.
E noi? Se fa tutto la Trinità, a noi cosa resta? L’accoglienza.
Nella pazienza, che permette di saperci collocare come creature e non creatori. Guardando la storia come creata e ordinata, al di là delle manifestazioni più superficiali, se come scrive Paolo è la tribolazione che produce pazienza, la pazienza una virtù provata e non estemporanea, e la virtù genererà speranza. La pazienza permette la lungimiranza, senza disperazioni per ciò che non corrisponde all’ideale.
Nella speranza, che dona il fondamento corretto: santi perché amati. Allora la vita diventa relazione, comunione, vita trinitaria e perciò eterna. Ecco come s. Francesco conclude la Lettera a tutto l’Ordine (FF 233) con un imprinting tutto trinitario: «Onnipotente, eterno, giusto e misericordioso Iddio,concedi a noi miseri di fare, per tuo amore, ciò che sappiamo che tu vuoi, e di volere sempre ciò che a te piace, affinché, interiormente purificati, interiormente illuminati e accesi dal fuoco dello Spirito Santo, possiamo seguire le orme del tuo Figlio diletto, il Signore nostro Gesù Cristo, e con l’aiuto della tua sola grazia giungere a te, o Altissimo,che nella Trinità perfetta e nell’Unità semplice vivi e regni e sei glorificato, Dio onnipotente per tutti i secoli dei secoli. Amen».
Buona festa, buona vita trinitaria.