(Graziella Cortese)
Grazie ad un vivace spirito di sintesi, Fabio Ferzetti sulle pagine de L’Espresso ha scritto: “con quello che passa quest’estate al cinema, ci si può accontentare”…
Non dobbiamo insomma essere troppo esigenti nei confronti di un ennesimo sequel della fortunata saga cinematografica dei “Men in black”. Nata nel 1997, la serie di film è stata tratta dal fumetto di Lowell Cunningham e riespone una teoria piuttosto diffusa: l’esistenza di un’agenzia segreta (americana probabilmente, ma chissà) che studia e controlla l’afflusso sul nostro pianeta di esseri extraterrestri. Nella pellicola di più di vent’anni fa Will Smith e Tommy Lee Jones avevano creato personaggi e situazioni divertenti, viaggiando sull’orlo della commedia fantascientifica come due nuovi Blues Brothers per difendere la Terra da pittoreschi invasori alieni.
Nel 2019, forse per una ricercata parità di genere, i protagonisti cambiano e appare un’agente femminile: Molly ha sei anni quando incontra un alieno, si prodiga per aiutarlo a fuggire e vede, di nascosto, i Men in black in azione. Non avendola notata, la bambina non viene “sparaflashata”, non vengono cioè cancellati dalla sua mente i ricordi dell’avventura… In questo modo per Molly il ricordo diventerà un’ossessione tanto da farla cercare disperatamente l’organizzazione segreta per riuscire a farsi arruolare.
Quando riesce a trovare il quartier generale dei MIB la realizzazione del sogno è vicina: vestita di nero e armata ella dovrà affiancare l’agente H in azioni spericolate dal continente europeo fino a Marrakech, alla ricerca di creature extraterrestri con intenzioni bellicose. Ma gli alieni, ovviamente, non sono tutti cattivi, e ci sarà modo per incontrare mondi ed esseri straordinari: come i piccoli E.T. travestiti da pedine degli scacchi e nascosti all’interno di una scacchiera…
Come si diceva all’inizio, se manca un po’ di umorismo, dovrà essere lo spettatore a sopperire.