Da domenica 7 maggio il tratto di controviale compreso tra piazza Chioratti e corso Italia ha un nuovo nome: allea Giuseppe Ponchia, in onore del sindaco che guidò la città per un lustro (dal 1970 al 1975) ma che a Rivarolo dedicò gran parte della lunga e operosa vita.
Alla cerimonia di intitolazione ha assistito una piccola folla, composta dalle famiglie dei figli e dei nipoti, ma anche da tanti attuali e passati amministratori pubblici, oltre che da numerosi exallievi della Scuola professionale “Don Bosco” da lui diretta e da altrettanti dipendenti della ditta Eurex da lui fondata.
Le tante sfaccettature del laborioso e instancabile impegno di Ponchia sono state ricordate dai vari relatori intervenuti.
A partire dal sindaco Alberto Rostagno, che ha definito “doverosa” la scelta di dedicare una strada di Rivarolo a un uomo “che è stato un faro per la nostra città: proprio ieri avrebbe compiuto 100 anni e sono sicuro ci stia guardando compiaciuto dal cielo insieme alla moglie Maria”.
Rostagno ha poi rievocato alcuni ricordi personali legati alla propria giovinezza, rammentando che a chi veniva a casa sua in cerca del padre Domenico (a sua volta sindaco di lungo corso che con Ponchia condivise gran parte del suo percorso amministrativo) la madre rispondeva in piemontese: “a sarà ‘ncur suta la lea con al ragionier Poncia”.
Pur abbinati a un atteggiamento serioso che rispecchiava un senso della misura e della disciplina imposti anzitutto a se stesso, l’attenzione e la disponibilità al dialogo con i cittadini è sempre stato un tratto evidente nel carattere di Ponchia, come ricordato dall’altro ex-sindaco Edo Gaetano, che ne ha tracciato un breve profilo ricordano come dopo gli studi a Torino egli arrivò in tempo di guerra dal Vercellese a Rivarolo, riuscendo a inserirsi in un contesto come la Salp, all’avanguardia anche socialmente.
“Stabilì un rapporto intenso con la famiglia Cuccodoro, proprietaria dell’azienda, rimanendo sempre e per tutti ‘il ragioniere’. Membro di una famiglia di salde convinzioni popolari e legata a Sturzo, nel primo dopoguerra fu segretario della Camera del Lavoro e fondatore della sezione Acli di Rivarolo, a dimostrazione della sua attenzione alle persone e al lavoro come forma di realizzazione. A livello amministrativo, divenne proverbiale la sua attenzione maniacale ai conti, chiave di una amministrazione sana e lontana da certi sogni di finanza creativa con cui si ebbe a fare i conti in tempi più recenti. Coltivò poi in proprio una idea imprenditoriale, dimostrandosi bravo anche a scegliere i collaboratori e a crescergli delegando loro responsabilità”.
A Martino Zucco Chinà, anch’egli in passato amministratore della città ma qui in veste di ex-direttore del Ciac, è toccato riferire del convinto impegno con cui Giuseppe Ponchia si spese per creare – “nel 1944, quando in Canavese non esisteva nulla del genere e mentre le vicende belliche avrebbero fatto pensare a tutt’altro” – la Scuola professionale “Don Bosco”, capace di formare negli anni decine di operai specializzati, che tutte le aziende della zona si contendevano prima ancora che concludessero il percorso formativo.
“Fu una intuizione solo apparentemente visionaria, che traeva in realtà precisa ispirazione dalla Dottrina Sociale della Chiesa da un lato e dall’altro da rispetto della Costiutuzione, il cui primo articolo evidenzia chiaramente il valore del lavoro come base della vita democratica. Per tutte queste ragioni, penso che quella di Ponchia sia la figura di un Cattolico a tutto tondo, che ha saputo coniugare con successo l’impegno profuso in tutti gli ambiti della sua vita: merita senz’altro l’intitolazione di una via, ma la sua biografia e il suo esempio meriterebbero anche uno studio più approfondito, magari una tesi di laurea che ricostruisca insieme alla sua personale la storia di 40 anni decisivi per la crescita di Rivarolo”, ha concluso Zucco Chinà.
Visibilmente commosso e commovente è stato l’ultimo intervento, quello di ringraziamento che la famiglia ha voluto affidare alle parole della figlia Sandra Ponchia, oggi consigliera comunale, che ha raccontato il padre come “persona rigorosa e metodica, seria ma entusiasta: visionario e precursore, condivideva le sue idee con noi figli, per i quali ha sempre trovato tempo tra i suoi tanti impegni”.
Dopo lo scoprimento delle targhe affidato ai pronipoti del Cavalier Ponchia, una breve ma intensa esibizione del Coro Polifonico di Rivarolo (fondato dall’altro figlio Gianfranco Ponchia) nella splendida cornice del cortile di Casa Pistono ha chiuso la bella mattinata.
m.v.
Redazione Web