Tenuta Roletto
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domenica 13 Luglio 2025

Reale mutua
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domenica 13 Luglio 2025

La comunità civile e quella ecclesiale unite nel segno del bene comune 

IVREA - La città in festa per il Patrono San Savino - Dal Borghetto la processione fino alla Cattedrale dove alle 11,30 il Vescovo Mons. Daniele Salera ha presieduto la S.Messa Pontificale - IL VIDEO DI 45 MINUTI CHE, INSIEME ALLA TERZA GALLERY, RIPROPONE I MOMENTI PIU' IMPORTANTI DELLA GIORNTA - 

Cattedrale gremita per l'esordio di Mons. Salera - Tante le Autorità, ma soprattutto presenza numerosa e partecipe del popolo di Dio - 

Aggiornamento conclusivo – 8 luglio 2025 –  Ecco il terzo e conclusivo servizio, con...

Giovedì 3 luglio in Cattedrale ed in Episcopio

IVREA - Il Vescovo Daniele incontra i Diaconi Permanenti e le loro famiglie - Preghiera comune, sobria convivialità, la gioia del momento comunitario - Un bel numero di Diaconi, guidati dal delegato vescovile per il diaconato permanente Don Silvio Faga

Sano spirito di comunione tra noi e con il nostro Vescovo, molto sensibile al diaconato. 

(Diac. elio blessent) – Giovedì 3 luglio, su invito di Mons. Vescovo, i diaconi permanenti...

Oggi 3 luglio, protagonisti nella città

IVREA - Successo oltre ogni aspettativa per il "Giubileo" degli Oratori estivi della Diocesi - Dall'Istituto Cardinal Cagliero alla Cattedrale a Piazza Ottinetti, lo sciame festoso, colorato e ordinatissimo di 1.500 ragazze e ragazzi provenienti da tutta la Diocesi, per offrire a tutti un cammino di pace e condivisione - 

Il programma innovativo organizzato dalla Pastorale Giovanile diretta da Don Davide Rossetto, ha suscitato un consenso unanime

Successo oltre le più rosee aspettative per il “Giubileo” degli Oratori estivi. Appuntamento ormai...

La Segreteria generale del sinodo è al lavoro ed ha Pubblicato lunedì 7 luglio, il documento per un un “quadro di riferimento” per le Chiese locali.

ROMA CITTA' DEL VATICANO - "Tracce" di futuro lungo il cammino sinodale - Non è ancora “tempo di vacanza” nella Chiesa: buon segno … lo Spirito Santo non ha stagioni e non va in ferie

Il testo integrale e la presentazione del documento "Tracce per la fase attuativa del Sinodo" -

(elisabetta acide) – Tracce di futuro lungo il cammino sinodale Non è ancora “tempo di...

Egli stesso spiegava la differenza tra vivere e vivacchiare, tra impegno e svogliatezza

PASQUARO DI RIVAROLO CANAVESE - Pier Giorgio Frassati: l’avventura di un uomo vivo - Molta e attenta partecipazione alla conferenza di Domenico Zeni sul giovane Beato che sarà canonizzato il 7 settembre 2025

Gesù mi fa visita ogni mattina nella Comunione, io la restituisco nel misero modo che posso, visitando i poveri”.

(g.f. – e.g.) – Venerdì 20 giugno presso la piccola accogliente chiesa parrocchiale di...

Sabato 5 luglio, presentati da Cristina Foglietta, Luisella Nora e Ivonne Carla Vezzetti.

VALPRATO - S'iniziano con la Chiesa di San Silverio e con il Santuario di Iornea gli "Itinerari  di arte, fede e cultura alpina in Valle Soana" 2025 - Ricco programma che offrirà quattro appuntamenti, fino al 23 agosto - Qui tutto il programma

Grazie all’impegno dei tesorieri, dei volontari e del supporto dell’associazione culturale “Lo cher in Val Soana”

(gmd) – Sabato 5 luglio si inizia, con il primo dei quattro appuntamenti, la seconda...

La Solennità succede a quella della Santissima Trinità

CASTELLAMONTE - Nella Solennità del Corpus Domini, la Prima Comunione di ragazzi e ragazze - Liturgia molto partecipata che ha visto l'adesione dell'intera città - IN VIDEO L'OMELIA DEL PARROCO - GALLERY DI 40 IMMAGINI

Ha presieduto Don Angelo Bianchi - Un lavoro d'equipe che ha contato sulla collaborazione di don Joao Munante Frias Gilberto, don Silvio Gignone, dei diaconi Giovanni Malandrino e Raffaele Tonello, delle suore Norma e Brigida -

(giancarlo guidetti) –  La Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo si celebra il giovedì o la domenica successiva alla Solennità della Santissima Trinità. Rievoca la liturgia della Messa nella Cena del Signore...

Vicaria calusiese e strambinese -

VISCHE - Nella chiesa giubilare delle suore di Betania si celebra la solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù - A conclusione del Triduo, Santa Messa presieduta dal Vescovo di Ivrea, Mons. Daniele Salera -

Ampio excursus storico sulle origini della ricorrenza

(Testo di renato scotti – Immagini di massimo marguccio e martina acotto) – A distanza di più di un secolo dall’enciclica Annum sacrum   di Leone XIII (1878-1903), e come da sana tradizione, si è svolto anche quest’anno presso...

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ASILI, COLONIE, DOPOSCUOLA, SANITA’, ATTIVITA’ LUDICHE E FORMATIVE PER I FIGLI DEI DIPENDENTI

Il welfare aziendale all’Olivetti di Ivrea

La tutela della maternità garantita fin dal 1941; congedi retribuiti e consultori

(di Doriano Felletti)

L’asilo di Borgo Olivetti a Ivrea Oggi si parla molto di welfare aziendale, quell’insieme di beni,...

EDITORIALE

Ti voglio bene

Foto tratta da Freepik In un’epoca dove la connessione digitale pare aver sostituito quella...

PAROLA DI DIO – “Chi è mio prossimo?” –

Dt 30, 10-14
Dal libro del Deuteronomio.
Mosè parlò al popolo dicendo:
“Obbedirai alla voce del Signore, tuo Dio, osservando i suoi comandi e i suoi decreti, scritti in questo libro della legge, e ti convertirai al Signore, tuo Dio, con tutto il cuore e con tutta l’anima.
Questo comando che oggi ti ordino non è troppo alto per te, né troppo lontano da te. Non è nel cielo, perché tu dica: “Chi salirà per noi in cielo, per prendercelo e farcelo udire, affinché possiamo eseguirlo?”. Non è di là dal mare, perché tu dica: “Chi attraverserà per noi il mare, per prendercelo e farcelo udire, affinché possiamo eseguirlo?”. Anzi, questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica”.
Sal 18
RIT: I precetti del Signore fanno gioire il cuore.
La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l’anima;
la testimonianza del Signore è stabile,
rende saggio il semplice.
RIT: I precetti del Signore fanno gioire il cuore.
I precetti del Signore sono retti,
fanno gioire il cuore;
il comando del Signore è limpido,
illumina gli occhi.
RIT: I precetti del Signore fanno gioire il cuore.
Il timore del Signore è puro,
rimane per sempre;
i giudizi del Signore sono fedeli,
sono tutti giusti.
RIT: I precetti del Signore fanno gioire il cuore.
Più preziosi dell’oro,
di molto oro fino,
più dolci del miele
e di un favo stillante.
RIT: I precetti del Signore fanno gioire il cuore.
Col 1, 15-20
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossesi.
Cristo Gesù è immagine del Dio invisibile,
primogenito di tutta la creazione,
perché in lui furono create tutte le cose
nei cieli e sulla terra,
quelle visibili e quelle invisibili:
Troni, Dominazioni,
Principati e Potenze.
Tutte le cose sono state create
per mezzo di lui e in vista di lui.
Egli è prima di tutte le cose
e tutte in lui sussistono.
Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa.
Egli è principio,
primogenito di quelli che risorgono dai morti,
perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose.
È piaciuto infatti a Dio
che abiti in lui tutta la pienezza
e che per mezzo di lui e in vista di lui
siano riconciliate tutte le cose,
avendo pacificato con il sangue della sua croce
sia le cose che stanno sulla terra,
sia quelle che stanno nei cieli.
Lc 10, 25-37
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: “Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?”. Gesù gli disse: “Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?”. Costui rispose: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso”. Gli disse: “Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai”.
Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: “E chi è mio prossimo?”. Gesù riprese: “Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?”. Quello rispose: “Chi ha avuto compassione di lui”. Gesù gli disse: “Va’ e anche tu fa’ così”.
***
UN PENSIERO SULLA PAROLA, A CURA DELLA PROF. ELISABETTA ACIDE
Il testo della prima lettura dal libro del Deuteronomio, è l’ultimo dei testi attribuiti a Mosè.
Il popolo è in esilio, ma Mosè, ripercorre le tappe: osservazione di comandi e decreti, conversione, adesione con la mente e con il cuore.
Con il Deuteronomio si conclude la Torah del popolo ebraico.
Un messaggio di speranza, non distante, oltre il cielo o il mare, ma “vicino” tale da essere udito e “possibile”.
Obbedienza non come “atto di volontà”, ma come “conversione”.
Una legge “giusta” e “pensata”, non esterna all’uomo, ma “umanizzante”: legge di Dio ma “liberante” per l’uomo, esigenza “del cuore”.
Ma non ancora più importante, non è solo una “legge lontana” dall’uomo, è parola, non solo comandamento: “questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica”.
Siamo nell’evoluzione della logica del “comandamento”: non più le “singole parole” (parole del Decalogo), ma la parola che viene da Dio per coloro che Lui ama.
Una parola d’Amore.
Una parola che traduciamo in “fare la volontà di Dio”.
Uno “stravolgimento” della logica vetero – testamentaria.
Il cammino del popolo di Israele si è accompagnato alla promessa dell’alleanza, alla promessa di salvezza ed  all’osservanza della legge donata da Dio al popolo.
Ecco la nuova “logica”: Dio deve intervenire per il popolo in esilio non con la legge, seppur giusta, che deve essere osservata, ma con una “legge” che  entri “nel cuore” del popolo per aiutarlo a vivere nella fedeltà nella giustizia e nella fraternità.
La “legge” nel cuore che non si limita alle “cose da fare o evitare”, ma che mi libera, mi insegna il rispetto dell’uomo, della sua dignità.
Relazione d’amore e di fedeltà che è “impegno” dell’uomo e promessa di Dio.
Relazione e promessa che ci sostiene nel “passaggio” da quella “legge” scolpita nella pietra a quella “legge scolpita nel cuore”.
E quella “legge” come diventa “azione”? (Vangelo).
Gesù è in cammino verso Gerusalemme (capitolo precedente del Vangelo di Luca) lascia il villaggio dei Samaritani e trova un altro alloggio.
E si incammina, e guarda, allarga lo sguardo su quella strada romana che da Gerico conduce a Gerusalemme…30 Km in un paesaggio montuoso e desertico…
Ancora una domanda di un dottore, di un esperto, che suscita quella “visione di Gesù sul mondo e sulla vita” (parabola nei Vangeli a differenza dei testi in uso in Israele).
Ma soprattutto una domanda: la domanda dell’uomo, sull’uomo.
Non è racconto di “cronaca”, una catechesi, un insegnamento.
“Ed ecco”: Il discorso del Vangelo viene interrotto…  Gesù nei versetti precedenti stava spiegando, non ha terminato, ma viene interrotto da un dottore della Legge.
L’uomo è subito presentato con il suo “titolo” di studio: uno importante, un giurista (nomikós).
Questo esperto della Toràh e della sua tradizione in Israele vuole mettere alla prova Gesù, vuole verificare la sua conoscenza scritturistica e la sua fedeltà o meno alla tradizione.
“Per metterlo alla prova”: l’ orginale del Vangelo greco dovrebbe essere tradotto con “per tentarlo” (usato da san Luca solo 2 volte, in questo brano e una nelle tentazioni nel deserto con la stessa parola il sostantivo greco peirasmos , appunto prova).
Il discorso diretto inizia riconoscendo a Gesù il titolo di “maestro” (didáskale) e l’attenzione è rivolta a ciò che è “contenuto nella legge”.
Che fare per ereditare la vita eterna?.
Ereditare la vita eterna: eredità è parola che viene utilizzata da San Luca con kleronomeo, cioè un bene che “non si merita” ma “si  riceve”.
Gesù gli risponde con una contro-domanda: “Che cosa sta scritto nella Legge? Ancora meglio: “Come leggi?”, cercando in questo modo di portarlo a esprimersi in prima persona.
Gesù è abile maestro, lo fa avvicinandosi all’esperienza di quell’uomo e quindi gli chiede che cosa dice la legge visto che lui la conosce bene, sottolineando che forse la “legge” da sola non basta.
Ovviamente la risposta che “il dottore della legge” formula, è giusta, perfetta: il dottore della legge conosce la legge.
E il discorso si fa incalzante, passa alla “questione del prossimo e della prossimità” e lo sappiamo molto bene qual era la definizione di “prossimo” in Israele.
La questione, in realtà si presenta come ancora più “sottile” perché il “dottore della legge” chiede a Gesù: “chi merita di essere amato”.
Ed a questo punto, Gesù “entra nel vivo”, e lo fa con quella “parabola”, con quello “sguardo” che le è proprio, con quella “visione sulla vita” che saprà “aprire gli occhi” a chiunque vorrà “affinare lo sguardo”, a tutti coloro che “vorranno allargare lo sguardo per provare a guardare come guarda Gesù”.
La parabola la conosciamo tutti e le parole per spiegarla sono tante e tante ne sono state impiegate per fornire una comprensione legata alla esegesi, alle implicazioni, alle logiche…
Una parabola di un uomo per l’uomo.
Un “tale” che incontra un tale che si è “imbattuto” in altri tali…
L’umanità nelle sue molteplici sfaccettature.
Mi piace chiamarla la “parabola dei nuovi comandamenti”, perché si conclude con quei verbi che ci raccontano Dio e l’uomo.
Ci raccontano i “nuovi comandamenti di Gesù”, maestro di misericordia.
Quell’uomo che passa da quella strada “osserva, guarda e cammina” e mentre “vede”, ama.
E mentre ama, fa tutto quello che può…
Usa l’ “amore intelligente”, si ferma, si china, pulisce e cura le ferite, lo carica (meglio, lo solleva) sulla cavalcatura, lo porta, lo conduce, lo affida, si raccomanda, ritorna.
E quell’amore-compassione diventa misericordia, diventa l’amore “viscerale”, diventa amore dono totale… diventa “Và e anche tu fa’ così”, diventa fa’ misericordia, volgiti intorno, osserva, cammina, guarda bene, con discernimento, avvicinati, fatti prossimo, senti una “compassione viscerale”, fatti “scuotere” dall’umano, diventa “umano” e fa’ misericordia, prenderti cura del bisognoso, anzi, “prenditi cura dell’uomo”…
Non esiste il prossimo “ideale”, tutti siamo “prossimi” e tutti possiamo farci ed essere “prossimi”.
Prossimo è colui che io decido di rendere vicino, colui che mi rende “misericordioso”, misericors è da misereor e cor -cordis (cuore), colui che faccio avvicinare al mio cuore.
Il Samaritano non è prossimo, si “fa prossimo”.
Diventa una “persona che ama”.
Possiamo tutti “essere prossimi” diventando “persone che amano”.
E quei verbi-comandamenti diventano la “grammatica” della compassione di Gesù, e quei verbi “agiti” dicono chi siamo…
Essere cristiano è andare “oltre la necessita’”, è andare “oltre”: “te lo rifondero’… al mio ritorno…” un compito per noi… e Lui rifonderà.
Gesù ci affida il compito di mettere di più, di mettere di noi, di metterci in azione, con gli altri.
Abbiamo sempre bisogno di Dio che si fa nostro prossimo, per poter diventare a nostra volta prossimi
“Dio stesso, che per noi è lo straniero, il lontano, si è incamminato per venire a prendersi cura della sua creatura ferita.
Dio, il lontano, in Gesù Cristo si è fatto prossimo” (Benedetto XVI, Gesù di Nazareth pag.238).
Solo “facendoci prossimi” sapremo vivere in modo “giusto” in un “mondo giusto”, impareremo ad amare “in modo giusto”.
La risposta allora sarà: Amiamoci come Dio ci ha amato e vivremo nella bellezza, nella giustizia, nell’ Amore.
Riecheggia quell’amore-beatitudine che Luca ci ha presentato al capitolo 6.
Riecheggia quel “chinarsi” sull’altro, sulle sofferenze e sulle fragilità, sulle gioie per condividerle, sui silenzi per accoglierli, sulle parole per ascoltarle…sulla “persona”, chiunque essa sia, con qualsiasi caratteristica si presenti.
Riecheggia quel “commuoversi” che non si “ferma alla commozione”, allo scuotimento delle viscere”, ma che mi sollecita, muove alla compassione, muove all’ azione, muove l’ “io” verso il “tu”, il “me stesso” verso l’ “altro”, facendomi diventare “capace” di amare.
E l’amore, “trasforma”, mi rende “umano”, mi fa agire da cristiano.
Perché il cristiano è la persona dell’amore, è la persona dell’azione per amore, il cristiano non si ferma solo a guardare la sofferenza dell’altro, la “fa sua”, la “solleva”, la “porta”, la “affida”, si “prende cura” e non “abbandona”.
E fa camminare… “venite, benedetti…”.
Azione e cammino, perché chi “agisce”, non “subisce”, si “muove”, cammina…
Cammina, guidato su quei “pascoli erbosi”, “guidato”, perché a lui “nulla mancherà”, basterà l’Amore di Dio, basterà donare con gioia, non per “dovere”, ma per amore.
E allora anche noi “andiamo e facciamo lo stesso”.
E possiamo lodare (Salmo 18/19) Dio creatore per amore, che ci ha lasciato il “messaggio”: Dio ha creato le meraviglie dell’amore, nella natura e nell’uomo, la Parola rivelazione di Dio.
La “legge”, La Parola che “illumina” come il sole e la luce, la vita dell’uomo.
La Parola, il Logos che è Amore che ci ha insegnato ad amare.
La Parola “legge del Signore che illumina gli occhi”, quella “meraviglia” fatta carne (seconda lettura), quel Logos incarnato che diventa “mediatore” della creazione che ha riconciliato, con il suo sangue, tutta l’umanità con Dio.
Cristo è immagine del “Dio invisibile”, primogenito di tutta la creazione, del Dio-Amore che ci insegna l’Amore chinandosi sull’uomo.
Il Dio-Amore che dona e il Figlio-Amore donato che si dona e dona l’Amore.
E l’uomo “impara” ad amare, fatto ad “immagine e somiglianza” dell’Amore, agisce con amore, prova ad amare, cammina nell’amore…
Impara da quell’ “olio e vino versato”, da quelle “ferite fasciate”, da quel corpo “sollevato sopra la cavalcatura”, da quella “cura”, da quei “denari versati”, da quel “denaro rimborsato”…
Impara l’Amore.
Impara a “scendere dalla sua cavalcatura” per avvicinarsi in modo autentico a chi è sul ciglio della strada, impara a essere prossimo, a farsi prossimo, a diventare prossimo, perché amato e amante.
Impara ad essere “icona di Dio”, immagine dell’Amore.
Impara ad essere discepolo.
Impara ad essere colui che per “compassione”, “muove la propria vita” nell’amore.
Impara a non “rinchiudere” il prossimo in una definizione, perché “prossimo” siamo noi; siamo noi quando ci avviciniamo e siamo avvicinati, quando ci chiniamo e siamo oggetto di cura, quando impariamo a guardare ed agire, con gli occhi, il cuore e le mani di Cristo.
 

Il Mistero nascosto (di Filippo Ciantia)

Foto tratta da Pixabay
Nel 1482, Leonardo da Vinci lasciò la sua Toscana per la Lombardia. In una di quelle giornate in cui il cielo gli apparve – come lo descriverà secoli dopo Manzoni – “così bello… così splendido, così in pace”, grazie al raro effetto ottico della Fata Morgana si stupì di fronte allo spettacolo dell’arco alpino, dominato da una enorme montagna, maestosa e piena di neve e ghiaccio.
Pur senza riferimenti biografici precisi, è suggestivo pensare che tale spettacolo abbia attirato il più eclettico genio della nostra storia allo studio e alla esplorazione delle montagne. Alla visione montana di Leonardo è dedicato ampio spazio nei suoi manoscritti, poi raccolti e rielaborati nel Libro di Pittura. A lui dobbiamo uno dei primi rigorosi studi degli aspetti fisici e naturalistici delle montagne. Quell’ambiente definito fino ad allora come “locus horridus” e aspro – al confronto con la bella e utile natura delle campagne coltivate, “locus amoenus” – divenne invece oggetto di stupore, studio sistematico e apprezzamento.
Descrivendo e spiegando il “colore dell’aria”, quell’azzurro splendido che solo ad alta quota si apprezza, nel “Codice di Leicester” Leonardo racconta di aver scalato il Monboso, l’alto “monte boscoso” che divide l’Italia dalla Svizzera: “… E questo vedrà come vid’io, chi andrà sopra Monboso giogo dell’Alpi…”
Il Monboso, la stessa montagna che lo aveva meravigliato nella visione milanese – rinominato Monte Rosa, il monte dei ghiacciai – influenzò profondamente la sua arte. La natura appare in alcune delle sue più grandi opere pittoriche, con dettagli di colore, profondità, realismo e accuratezza che solo un genio può aver realizzato. Contemplando la “Madonna dei Fusi”, oppure “La Vergine e il Bambino con Sant’Anna”, si può apprezzare il realismo e la bellezza delle montagne nello sfondo. La natura per Leonardo era “specchio dell’anima” e “parte essenziale del racconto” pittorico. In questi quadri il Mistero presente nella carne del Bambino Gesù, di Maria, dei personaggi, si fonde con la natura che fa da scenario. Il Mistero che si è fatto carne è immerso nella prospettiva infinita e misteriosa della natura e dei paesaggi.
Buone vacanze!
Quello che vivrete e gusterete, sia vissuto con l’occhio vigile e attento al Mistero che si nasconde nel senso di infinito che il mare, le montagne o le colline suscitano nei nostri animi.

L’inscindibilità dell’Amore per Dio e per il prossimo – Commento al Vangelo di domenica 13 luglio (di don Loris Cena)

La Parola del Deuteronomio (“Una parola molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica”) ci mette sulla giusta frequenza per ascoltare le parole di Gesù nel Vangelo. È l’evangelista Luca che propone questa parabola (nota come del buon Samaritano) nella prima tappa del viaggio di Gesù verso Gerusalemme.
Teniamo conto del contesto geografico: da Gerusalemme a Gerico ci sono 27 chilometri e 1100 mt di dislivello; la strada passa per l’inospitale deserto di Giuda con burroni e curve dove sono facili le imboscate. In una di queste cade un viandante e i briganti lo abbandonano ferito. Gerico è città sacerdotale. Il levita e il sacerdote sono diretti verso quella città e lasciano il malcapitato nello stato di abbandono.
Occorrerà aspettare un samaritano, un disprezzato dagli Ebrei, per quell’antica rivalità che intercorre tra i Giudei e i samaritani, per trovare chi si fa vicino al malcapitato. Da costui abbiamo un grande insegnamento sulle azioni che ci rendono prossimi, che ci interpella su come ci facciamo prossimi di coloro che incontriamo: lo vide, ebbe compassione, si avvicinò, lo bendò, guarì le sue ferite, lo caricò, lo portò a una locanda, si prese cura di lui, pagò per lui e promise di tornare. Non solo i lontani, ma anche i nostri vicini di casa, i familiari… sono i nostri prossimi.
Gesù racconta la parabola dopo che il dottore della Legge si è “giustificato” del perché della sua domanda iniziale: “Che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?”. Tra l’altro, nella tradizione giudeo-cristiana, il termine “giustificare” non ha la stessa accezione che ha nel nostro parlare comune. Non significa, infatti, dare le motivazioni del “perché” di certe nostre azioni o comportamenti, bensì “fare giusti”, “rendere o rendersi giusti di fronte a Dio”. In parole povere, “giustificarsi” significa “avere la salvezza”, o – come dice il dottore della Legge a Gesù – “ereditare la vita eterna”.
Combinando i due significati del “giustificarsi” (essere salvato e dare le motivazioni di ciò che si fa) ne esce qualcosa di relativo alla nostra fede che è sempre molto attuale, e che fa parte dei significati di questa parabola: ossia, la nostra fatica (o addirittura la mancanza di volontà) nel farci prossimi ai nostri fratelli che si trovano nella necessità, “giustificata” dai nostri molti altri impegni presi con il Signore o dalla nostra presunta fedeltà ai suoi comandamenti.
La nostra tipica risposta è : “non posso perché ho qualcosa di più importante da fare”. È brutto doverlo ammettere, ma spesso è così: giustifichiamo certi nostri comportamenti e soprattutto certe nostre omissioni con modi di ragionare e anche con frasi mutuate dalla nostra presunta fede, ma che di fede hanno ben poco. E sono atteggiamenti in cui tutti quanti cadiamo, a volte anche in maniera inconsapevole.
Dietro a tutto questo si può nascondere un atteggiamento ancor più pericoloso: quello di pensare di poterci “autogiustificare”, che significa, da una parte, trovare delle scuse sempre plausibili e valide, anche se magari non lo sono affatto, e dall’altra addirittura pensare di poterci “giustificare da soli”, ovvero salvarci attraverso i nostri soli mezzi, senza la necessità della grazia di Dio.
E forse questo è proprio quello che Gesù voleva cercare di far comprendere al dottore della Legge, il quale non si avvicina a Gesù con il desiderio di arricchire la propria vita spirituale, già così intensa, bensì “per metterlo alla prova”, cioè per sfidare Dio: vediamo chi dei due la sa più lunga riguardo alla vita eterna.
È per “giustificarsi”, per “salvarsi da solo” che incalza Gesù e gli chiede di essere più chiaro riguardo al prossimo. Ma Gesù non si fa intimidire: lo rimanda alla Legge, quello strumento di cui lo scriba era Maestro in Israele e che, a detta sua, poteva dargli la salvezza, la giustificazione, senza bisogno di chiedere a Dio di salvarlo. E infatti, i comandamenti sono chiari: amore a Dio e amore al prossimo, inscindibili. Qui sta la salvezza.
Lc 10,25-37
In quel tempo, un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai». Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».

NOASCA – Un Pellegrinaggio di Fede: la celebrazione al Santuario della Madonna del Truc

Il pellegrinaggio di domenica 6 luglio al santuario della Madonna del Truc situato a Noasca, in alta Valle Orco, Chiesa Giubilare per la giornata, dedicato alla Visitazione di Maria a Santa Elisabetta, ha richiamato numerosi fedeli desiderosi di partecipare a una giornata di intensa spiritualità.

S.E. Mons. Daniele Salera, vescovo di Ivrea, con passo solenne, accompagnato dal vicecancelliere Paolo Chiabotto,  si è avviato a piedi lungo il sentiero che conduce al Santuario e all’arrivo è stato accolto dagli applausi festosi dei fedeli.
La comunità locale ha potuto partecipare alla celebrazione eucaristica concelebrata dal vescovo Daniele e da don Dario Bertone, parroco delle Comunità Parrocchiali Alta Valle Orco, presenti alla funzione il sindaco di Noasca Domenico Aimonino, il presidente del Parco Mauro Durbano oltre a tanti pellegrini.

L’omelia del vescovo è stata particolarmente apprezzata, suscitando riflessione e unità tra i partecipanti.
L’atmosfera di festa è stata arricchita dalla presenza di bambini e ragazzi, che hanno avuto l’opportunità di leggere le sacre scritture, servire all’altare, portare la statua della Madonna, contribuendo a dare vita alla celebrazione.
I canti i eseguiti dalla cantoria hanno elevato ulteriormente il clima di devozione, rendendo il momento ancora più memorabile.
Per facilitare la partecipazione di tutti, la funzione religiosa è stata trasmessa in diretta streaming, permettendo a coloro che non hanno potuto raggiungere il santuario di unirsi in preghiera da remoto.
Questo gesto ha sottolineato l’importanza della comunità nella fede, anche oltre i confini fisici.
Al termine della Messa, i pellegrini hanno preso parte a una processione attorno al santuario, durante la quale Mons. Daniele ha impartito una benedizione speciale ai bambini presenti, un momento toccante che ha suscitato gioia e commozione.
Il parroco Don Dario ha ringraziato tutti i presenti, i benefattori e tutti i volontari che con costanza e impegno si adoperano per pianificare interventi di valorizzazione del santuario e programmi culturali per arricchire l’esperienza dei visitatori.

Il delizioso pranzo, preparato con cura dal gruppo “Amici del Santuario della Madonna del Truc“, ha chiuso splendidamente la giornata, così come la tradizione dei campeggiatori, che hanno animato la vigilia con il rosario e il ricordo degli antichi mortaretti, mantenendo viva la memoria di tradizioni storiche e spirituali.
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Le difficili vacanze dei figli di separati (di Cristina Terribili)

Foto tratta da Freepik
Ci sono vacanze per tutti e per tutti i gusti, eppure per i figli di genitori separati il momento delle vacanze rimane uno tra i più delicati. Sebbene i dati Istat indichino una diminuzione delle separazioni e dei divorzi, molti bambini sono coinvolti nelle vacanze secondo le disposizioni di sentenze che le regolamentano nei tempi e nei modi.
Il diritto di famiglia parla di co-genitorialità e di assunzione condivisa di tempi e di responsabilità nei confronti dei figli anche se la coppia si separa, ma la quotidianità è fatta di bambini che vivono abitualmente con uno dei due genitori e che possono frequentare l’altro con tempi e modi in parte stabiliti dagli accordi di separazione ed in altri casi secondo il grado di civiltà e di rispetto dei due ex coniugi.
Le vacanze dovrebbero consentire l’opportunità di prendere le distanze dagli impegni scolastici o della quotidianità a favore del relax e di un tempo maggiore da passare con i propri amici e i propri cari. Per i figli di genitori separati i periodi di vacanza rischiano di diventare l’imposizione di ritmi rigidi, con difficoltà a svolgere attività ludiche con amici o la necessità di dover gestire i propri vissuti emotivi per non arrecare dispiacere ad uno o all’altro genitore. Spesso capita che i bambini sentano i genitori fragili di fronte alla separazione e, soprattutto durante le vacanze estive, cerchino di assecondarli per evitare che questi, soprattutto se ancora litigiosi, utilizzino il periodo di vacanza per continuare una condizione di guerra ai danni dell’altro.
Organizzare per tempo le vacanze e coinvolgere i bambini nella preparazione del viaggio è un punto utile per farli sentire parte dell’organizzazione e non come dei “pacchetti” da portare da una parte o d’altra.
Non stravolgere troppo le abitudini negli orari dei pasti e del riposo notturno dei propri figli è altra buona cosa. Dovrebbe essere lasciata la libertà ai bambini di chiamare il genitore che non è presente in qualunque momento lo desideri (questo perché soprattutto i bambini piccoli potrebbero avere nostalgia dell’altro genitore), ma si dovrebbero evitare accuratamente interrogatori per cercare di avere informazioni sul comportamento del genitore con cui si stanno facendo le vacanze, o far sentire il bambino in colpa perché si sta divertendo.
Anche la presentazione di un nuovo partner è una problematica da affrontare con cura e delicatezza, magari non nel periodo delle vacanze. Se da una parte vi è il diritto a ricostruire la propria vita dall’altro vi è l’interesse superiore del benessere dei figli.

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