(Cristina Terribili)
Dicembre si apre con incertezze e speranze: come ottobre e novembre, solo che a dicembre ci sono di mezzo le feste di Natale e il Capodanno. Le città si stanno illuminando per cercare di dare luce e vita a ciò che il Covid-19 ha appiattito e soffocato. Noi ne approfittiamo per scrivere di oggi, di ieri e dell’altro ieri, i primi 3 giorni del mese che ci ricordano 3 giornate mondiali importanti.
Il 1° dicembre era la Giornata mondiale dell’AIDS. Apprezziamo i numeri in decrescita dei contagi e sappiamo che le cure sono arrivate ad un livello di perfezione tale che sebbene il virus non risulti del tutto eliminato, attraverso i farmaci la sua carica virale è talmente bassa da permettere non solo una vita ottimale a chi lo vive, ma anche che il rischio di contagio è pressoché nullo. Quello che però dobbiamo ancora combattere è lo stigma che le persone con AIDS si trovano ancora a vivere, perché più di ogni altra malattia moderna, l’infezione da HIV è stata considerata alla stregua di una punizione per chi ha vissuto una vita dissoluta. I farmaci sperimentati per il contrasto all’AIDS sono risultati efficaci anche per combattere il Covid-19. Forse la sofferenza di molti oggi non è stata vana. Forse, oggi che si parla di contagio, protezione, attenzione verso l’altro, e tutti siamo più sensibili al legame che esiste tra le persone più svariate, possiamo abbandonare giudizi lapidari, sostenere la ricerca e chi combatte la sua battaglia quotidiana con una malattia che seppur domabile, non è ancora debellata.
Ieri, 2 dicembre, è stata la Giornata internazionale per l’abolizione della schiavitù, in cui si intrecciano antiche forme di soprusi a quelle più moderne. La schiavitù non è qualcosa di legato ad un passato storico, è disperatamente attuale in tutte le situazioni di lavoro forzato, di schiavitù per debiti, nello spregevole traffico di esseri umani, impiegati poi nella prostituzione e nella criminalità. Come ci ricorda l’Organizzazione internazionale del Lavoro (OIL), la schiavitù è qualunque situazione di sfruttamento che un individuo non può rifiutare né abbandonare, a causa di minacce, violenze, coercizioni, inganni o abuso di potere. I dati sulle condizioni di schiavitù moderna mettono veramente paura; nessun Paese è immune da questo fenomeno e ogni volta che voltiamo le spalle a persone che si trovano senza una protezione, economica, familiare, sociale, diamo il permesso ai predatori di uomini di avere carne per i loro macelli.
Oggi, 3 dicembre, è la Giornata internazionale per le persone con disabilità. Chissà se ci siamo resi conto di cosa ha vissuto da marzo ad oggi, in tempi di pandemia, una famiglia con una persona disabile. Ci sono stati accenni ai bambini disabili relativamente alla didattica a distanza, nel conflitto tra il diritto allo studio e le necessità organizzative. Qualche sporadico accenno è stato fatto a quelle persone rimaste senza assistenza e, peggio, senza cure riabilitative.
In questo periodo, alle normali preoccupazioni, si sono aggiunte anche quelle relative ad un eventuale, possibile ricovero con l’impossibilità di visitare il famigliare. Si sta diffondendo l’idea di limitare l’aria di festa natalizia come forma di rispetto per tutti i cari che ci hanno lasciato, per le vittime del Covid e per la crisi socio-economica che stiamo attraversando.
Se ci confrontiamo con quello che va al di là della nostra cerchia di conoscenze, ci possiamo rendere conto di come i nostri problemi siano gestibili, che non significa privi di angosce, ma che, potendoli osservare con altri occhi, potremmo scoprire che un’alternativa e una soluzione esistono. Ci sono condizioni talmente complesse che rischiamo di sentirci impotenti nella ricerca di un sollievo. A volte però accendere una luce può essere un modo per non lasciare sole persone che neanche conosciamo.
Limitiamo pure il numero di persone intorno al banchetto, ma accendiamo luci per tutti coloro che sono al buio.