(Graziella Cortese)
Kasia Smutniak in una recente intervista ha espresso il suo sconforto per la situazione drammatica che si è creata al confine tra Bielorussia e Polonia (suo Paese d’origine). La frontiera è stata chiusa e oggi viene controllata militarmente, dopo il tentativo di alcuni migranti, transitati per la Bielorussia, di forzare la barriera. L’attrice ha però narrato come la solidarietà sia sempre presente tra le persone comuni: in questi ultimi giorni c’è una grande mobilitazione, ci sono luci verdi alle finestre che offrono accoglienza e forse regalano qualcosa di simile alla speranza.
Anche l’ultimo film di Soldini parla di immigrazione e dolore, ma anche di responsabilità verso gli altri, il nostro prossimo. La protagonista Camilla ha quarant’anni, è avvocato di successo e vive in un appartamento lussuoso insieme alla figlia ventenne.
La donna lavora instancabilmente e la muove una disciplina ferrea, è separata dal marito e ora porta avanti una relazione discontinua con un collega d’ufficio. Una sera, di ritorno a casa, Milano l’accoglie con il buio e la pioggia; forse Camilla è stanca, i suoi passi si susseguono incerti e a un tratto viene investita da due ragazzi in motorino; poi, mentre il “guidatore” si dà alla fuga, l’altro rimane esanime sull’asfalto.
Il giovane sfortunato è un immigrato clandestino e per Camilla diventa un’ossessione, poiché decide che deve avere assolutamente un’identità e si sente in qualche modo colpevole dell’accaduto. Così compie le ricerche che la conducono a cambiare la propria vita, a passare il tempo all’obitorio (3/19 è il numero che identifica il cadavere), un tempo in cui conosce Bruno, il direttore, persona umana e comprensiva.
Il cinema del regista è una strada che si introduce nella psicologia dei personaggi (da ricordare il suo “Pane e tulipani”), ma contemporaneamente osserva la realtà che si muove intorno ai personaggi.