(di Cristina Terribili)
Passa un’altra notte prima degli esami; passa il “toto tracce” (così come viene chiamato, per le scommesse sugli autori e sulle tematiche possibili) per il primo scritto; e poi passa la famigerata prova di matematica, che quest’anno mette ancora più paura.
La paura quest’anno non è solo degli studenti. Gli insegnanti l’hanno condivisa con loro: alcuni di essi, alla chiusura delle scuole, hanno continuato ad esercitarli, hanno continuato a simulare problemi che, a detta di alcuni, erano veramente complessi. Passerà poi anche l’orale, si rifletterà sulle “buste” e sui loro contenuti. C’è chi ha preparato nuclei tematici e chi ha fatto delle sessioni collettive di “brain storming” per far scaturire idee su argomenti possibili: le immancabili donne, i diritti umani, l’anima, la guerra, la comunicazione e così via.
“Notte prima degli esami”: un’altra notte passata a darsi coraggio, a vivere una delle prime esperienze di vita che un giovane affronta. E che cos’è la maturità se non la dimostrazione di sapercela fare nell’affrontare i problemi della vita? Quali sono le prove che si devono affrontare, i riti di passaggio che devono essere superati per essere considerati maturi? Lo stesso termine “maturo” che definizione ha per ognuno di noi? Non è forse un termine che usiamo declinandolo in tanti modi e associandoci emozioni e pensieri differenti? Se un frutto è maturo può essere al massimo della sua pienezza, bontà, ma se è troppo maturo si osserva con perplessità perché potrebbe essere andato a male.
Un bambino maturo è un bambino che fa o dice cose da grande, ma questo non è spesso un bene, significa che non vive con pienezza i suoi anni, o che ha già dovuto affrontare dure prove. Un uomo maturo anche, potrebbe essere nel pieno dei suoi anni e delle sue potenzialità o essere considerato sulla soglia di una vecchiaia: e, come il frutto, se sei troppo maturo, sei o vecchio o barboso.
Forse quest’esame, così complesso, così diverso dagli altri, in una riforma che ha spiazzato tutti, che ha fatto riflettere se si è stati capaci di fornire una reale preparazione accademica, adatta a quello che poi è richiesto, in un esame, per l’accesso all’università, per un lavoro, è un esame che valuta se si è maturi?
Quest’esame di maturità fuori dagli schemi, chiede soprattutto flessibilità: flessibilità nel saper argomentare, flessibilità nel saper collegare autori, argomenti, fatti storici e farlo con poco preavviso, senza elaborare tesine, senza passare mesi a trovare le informazioni giuste da ripetere in vista dell’esame.
La flessibilità richiede competenza. Solo se conosco posso mettere in relazione, in una relazione che abbia un senso, senza scadere nei luoghi comuni. Quanto è rivoluzionario questo pensiero, oggi, quando invece ci si permette di arroccarsi su posizioni rigide seppur consapevoli di non avere conoscenze complete sull’argomento di cui si parla?
E di fronte a questo nuovo esame, con tutte le incognite che presenta, come ci si regolerà con i voti? Il voto all’esame di maturità è importante per l’accesso all’università. Si deciderà di alzarlo per permettere a tutti di non essere svantaggiati da un repentino cambiamento o ci si atterrà alle medie aritmetiche? Decideranno tutte le scuole in tutta Italia la stessa procedura, attraverso un tam tam sotterraneo, di quelli che oggi la rete consente di fare attraverso i social? Oppure dipenderà dal singolo gruppo di docenti o dal Presidente di commissione?
Come ogni anno, riviviamo, insieme ai nostri ragazzi, l’ansia di quel giorno: ogni anno decidiamo anche noi, all’uscita delle tracce di italiano, quale tema fare, ci mettiamo anche noi alla prova, riflettendo sulla possibile scaletta, pronti ad esercizi di stile, oppure pronti a criticare se ci appare troppo complesso o a banalizzare tutto se l’idea geniale ci è balzata subito alla mente. Qualcuno rifletterà se anche quest’anno sarebbe stato in grado di superare o meno la prova di maturità.
Poi tutto si spegnerà, in attesa della prossima notte prima degli esami.