La denatalità in Italia e in Europa è una questione di tipo matematico. Tradotto in una battuta il Vecchio Continente è sempre più Vecchio. Nessun politico nei programmi elettorali ha promesso almeno tre figli per coppia. Chi indosserà i pannolini governativi? Quali figli manderemo nelle università gratuite? Chi si dovrà preoccupare del debito pubblico? Che importa se non verseremo più i contributi pensionistici, tanto non ci sarà più nessuno che andrà in pensione. Il genio italico è veramente grandioso: persino le adozioni sono paurosamente crollate. In otto anni in Italia sono nate – se avessimo voluto tenere la media del già non prolificassimo primo decennio del XXI secolo – qualcosa come 100.000 persone in meno (ricordiamo che nel nostro Paese la Seconda Guerra Mondiale fece complessivamente 300mila morti). Sono 800 i mai nati solo a Ivrea negli ultimi dieci anni! La fertilità della donna italiana si è ridotta alla media di 1 figlio e 35 decimi del secondo figlio che non c’è più. Anche in Europa ci ammirano e ci seguono: non nasce quasi più nessuno. Il tasso di fertilità, molto basso, non raggiunge mai la soglia di sostituzione di 2.1 figli per donna, ritenuta matematicamente necessaria perché la popolazione di un Paese rimanga costante. L’Italia è il Paese con le madri più vecchie del continente: il primo figlio arriva dopo i 30 anni. Tra i peggiori nel mantenere le vecchie cattive abitudini di far figli ci sono i francesi con 1,96 figli per ogni donna. Dopo la Francia, il podio spetta a Irlanda (1,92) e Svezia (1,85). “Migliori di noi” nel riuscire finalmente ad abolire la schiavitù dai figli sono il Portogallo (con 1,31 figli per donna), Polonia e Cipro (con una media di 1,32); poi Grecia e Spagna (con 1,33) e poi finalmente noi con 1,35 figli per ogni donna. Fortunatamente l’Italia è tra i primi posti al mondo per gli animali domestici: vivono statisticamente in media meno di un figlio proprio e di noi medesimi, e si stima siano almeno 60 milioni gli animali da compagnia. Aumentano anche i single -dall’8,4% del 2011 all’11,1% nel 2017 -ovvero coloro i quali stanno finalmente comprendendo la preferibilità di un cane o un gatto ad un marito o ad una moglie, che comportano il terribile rischio che ci possa anche scappare un figlio (paragonabile solo al Varano di Komodo o al Diavolo di Tasmania). Tra i più numerosi animali da compagnia ci sono i pesci – quasi 30 milioni – e gli uccellini che si attestano a circa 13 milioni, numero che ci vale il primato in Europa. Quasi 7 milioni sono i cani, circa 7,5 milioni i gatti, mentre gli altri piccoli mammiferi – tra cui conigli, furetti e roditori (criceti, cavie, cincillà e degu) – raggiungono quota 1,8 milioni. Rettili – tartarughe, serpenti e iguane – sono circa 1,3 milioni. È quanto emerge dalla decima edizione del rapporto dell’Associazione Nazionale tra le Imprese per l’Alimentazione e la Cura degli Animali da Compagnia e da Zoomark International, con il contributo di IRI Information Resources e dell’Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani (ANMVI). Le associazioni mettono in evidenza il ruolo sociale degli animali d’affezione in Italia e la conseguente importanza del loro riconoscimento in società e nella Costituzione. Tra qualche tempo quindi, avremo finalmente degli ibridi uomini-pecora disponibili per il trapianto dei capelli e magari un cane al governo con i pesciolini chiusi in una muta quanto sdegnata opposizione?
Fabrizio Dassano