(Fabrizio Dassano)
E si continua a salire all’incredibile temperatura di 15 gradi centigradi e sono le 9.30. Dopo l’abbassamento della temperatura per la perturbazione giunta da est (dalla Russia, per intenderci), salire al valico del Gran San Bernardo diventa sempre più piacevole. Arriviamo all’ospizio che si specchia nel bel laghetto ed è un via vai di mezzi, tante motociclette. Si parcheggia a 2.473 metri di altezza circondati da guglie e nevai immacolati.
Poco prima ci sono i posti della dogana italiana, poco dopo quelli elvetici. Quelli italiani sono chiusi da molto tempo. Mi avvicino alla vetrata della dogana svizzera e guardo dentro: deserta! Il monitor di un pc è coperto da un telo. Però alzo la testa e sul muro a tre metri d’altezza campeggiano due potenti telecamere.
Il vento è sferzante e raggiungiamo l’ospizio. La congregazione che lo custodisce sorse a Martigny nell’XI secolo per gestire l’ospizio di Mont Joux (il monte Giove dei Romani, l’attuale colle del Gran San Bernardo), restaurato poco dopo l’anno 1000 da san Bernardo di Mentone, sempre raffigurato mentre tiene un drago alla catena e sotto i suoi piedi. Fino ai primi decenni del XX secolo, i canonici erano impegnati nell’accoglienza, nella guida e nel soccorso dei viaggiatori che valicavano il colle e si avvalevano dell’ausilio di grossi cani che facevano soprattutto la guardia contro i non infrequenti malintenzionati, dai quali cani si è evoluta la razza conosciuta come San Bernardo. Dal 1959 la congregazione fa parte dei canonici regolari di Sant’Agostino confederati.
Decidiamo di andare a vedere il canile della Fondation Barry, che seleziona e mantiene la razza dei grossi cagnoni che sono le vere star del luogo. Poi un bellissimo museo dell’ospizio e infine la parte religiosa costituita dall’ospizio, dalla chiesa e dal tesoro. Stiamo cercando la tomba, o meglio, il “cenotafio” (le ossa in realtà vennero sepolte sotto l’altare della chiesa dell’Ospizio) del generale Louis Charles Antoine Desaix e lo troviamo solenne, in un corridoio, adornato da un marmo bianchissimo che narra nel bassorilievo gli ultimi istanti di vita di colui che salvò le braghe a Napoleone Bonaparte ormai apparentemente sconfitto a Marengo.
Sì, poco dopo le 14 del 14 giugno del 1800 Desaix sopraggiunse sul campo di battaglia con il resto dell’esercito francese, prendendosi nell’occasione una fucilata in pieno petto a 32 anni mentre caricava e batteva gli Austriaci. A distanza di qualche anno (nel 1805), Napoleone volle tumulare le sue spoglie in un luogo simbolico, proprio lì dove era transitata la sua armata di 46.700 uomini, muli, cavalli e artiglieria per la II campagna d’Italia. La visita all’Ospizio è quasi conclusa: andiamo a vedere la “morgue”, che però è murata dal 1950 e quindi le mummie dei viandanti ritrovati morti assiderati e raccolti pietosamente dai monaci, le vediamo solo in una vecchia fotografia nel museo.
Verso sera – la temperatura è risalita a 26°C – si ridiscende verso la pianura con l’autostrada più cara d’Europa. Però anche se è la più cara, per lunghi tratti troviamo cantieri, esattamente come nelle autostrade meno care come quando ci sono i lavori di manutenzione. Da Quincinetto a Ivrea si viaggia in un’unica corsia e quando passiamo sotto i luoghi della frana ci irrigidiamo un attimo e non per il freddo: si sa che certe emozioni si pagano di più!