Mauro Salizzoni è nato ad Ivrea il 14 aprile 1948, è un medico e professore universitario. Conosciutissimo non solo in città è apprezzato per la sua attività e per il suo impegno. “Se da ragazzo mi avessero detto che sarei diventato un chirurgo, non mi sarei stupito: sono sempre stato convinto che chirurghi si nasca e alla chirurgia ho dedicato tutta la mia vita – afferma Salizzoni – Ho studiato e mi sono specializzato a Torino e poi in giro per il mondo, Parigi, Hanoi, Bruxelles per imparare e sviluppare le tecniche migliori da adottare a vantaggio dei miei pazienti. Con impegno e con passione ho messo quello che avevo imparato a disposizione della sanità pubblica italiana, costruendo a Torino insieme a una equipe straordinaria un centro di eccellenza assoluta nel campo dei trapianti, che nel 2017 ha raggiunto il record dei 3.000 trapianti. Ho vissuto con le sofferenze e le speranze dei miei pazienti, ma, anche e soprattutto, con la tragedia umana che ogni donazione implica. È al donatore , che vanno sempre i miei pensieri e la mia gratitudine. In questo, sta il senso del mio mestiere”.
Ora Mauro Salizzoni prende carta e penna e scrive al nuovo Ministro della Salute per perorare la causa del noto Ospedale delle Molinette di Torino, troppo vecchio per assicurare un eccellente servizio. Dalla sua lettera prende forma un quadro della situazione dell’Ospedale e di cosa c’è bisogno per la sanità piemontese (e non solo) del futuro.
“Caro Ministro Roberto Speranza,
lavoro all’Ospedale Molinette di Torino da 46 anni. Ho imparato ad operare il fegato e a trapiantarlo attraverso varie esperienze e tirocini all’estero ma sono sempre rientrato a Torino, alle “mie” Molinette, dove nel 1990 ho fondato uno tra i primi centri in Italia per il trapianto di fegato. Lo sto lasciando primo in Europa e quinto al mondo per trapianti eseguiti.
Mi occupo del progetto “Molinette 2” sin da quando ha avuto inizio la discussione, ormai vent’anni fa. Nel corso degli anni sono succedute le ipotesi le più diverse, si sono pensate location fuori Torino o ricostruzioni in aree adiacenti alle attuali, si sono siglati protocolli d’intesa davanti a fotografi e telecamere. Si è perso tanto, troppo tempo. Perché in questa vicenda c’è un indiscutibile dato di fatto: le Molinette – ora denominate AOU Città della Salute – sono irrecuperabili. Un edificio di quasi cent’anni, nato quando non esistevano gli antibiotici e l’anestesia era primordiale. Si sono dovute ricavare le rianimazioni negli scantinati e nei sottotetto. I tubi sono vecchi, non reggono l’acqua a 70 gradi e quindi non si può bere a causa della legionella. Non è un problema di muri scrostati e di locali fatiscenti. Gli impianti non si possono modificare, i pazienti da rianimare dopo l’operazione vengono fatti uscire dalle sale e spinti anche per 800 metri nei corridoi su una barella, intubati, fra gli avventori. Anche il centro trapianti da me fondato ha difficoltà ad innovarsi per mancanza di spazi, e quindi è estremamente difficile stare al passo delle innovazioni tecnologiche come le nuove macchine per la rigenerazione degli organi.
Ora il progetto di un nuovo e moderno ospedale è maturo ed ambizioso: il Parco della Salute, una vera città ospedaliera ed universitaria, con 1.040 posti letto, che nascerà al Lingotto, vicino alla nuova sede della Regione. Lo studio di fattibilità è completato e finanziato con 160 milioni, tre gruppi privati hanno presentato regolare manifestazione di interesse e sono stati giudicati idonei a partecipare al dialogo competitivo. È stata scelta la formula del PPP (partenariato pubblico privato).
I privati, sì. Lo dice uno che ha sempre difeso la sanità pubblica, dando un suo contributo alla nascita del SSN. Perché oggi non è realistico pensare di costruire un’infrastruttura sanitaria con sole risorse pubbliche. O si coinvolgono i privati o non si fa. L’importante è che il pubblico abbia il controllo e la gestione della parte sanitaria.
Ma non bisogna più perdere neanche un minuto. Mi appello a Lei, Ministro, affinché venga scongiurato il rischio di qualsiasi ritardo, di manovre dilatorie, di alibi. Le Molinette sono al collasso, e l’invecchiamento strutturale comporta il depauperamento delle straordinarie competenze che quei muri contengono, pregiudicando la qualità del lavoro dei professionisti e la qualità della vita dei pazienti.
Il Parco della Salute può essere una delle leve per far uscire Torino dalla fase di immobilismo e rassegnazione di questi ultimi anni. Ho una visione, un sogno: vedere Torino trasformarsi nella Pittsburgh italiana, una città post-industriale capace di reinventare una propria vocazione anche grazie ad un polo di ricerca medico-scientifica di eccellenza, insieme all’Università, al Politecnico e all’indotto delle aziende dell’innovazione. Torino e il Piemonte non meritano le vecchie Molinette. Costruiamo il futuro della nostra sanità, ma che sia ora”.