(Fabrizio Dassano)
Mi sono concesso una gita ad Alba sabato scorso. L’avevo prenotata da tempo, così ho dovuto rinunciare per un giorno alla Città dei pifferi e dei tamburi a vantaggio della Città della cioccolata. Arriviamo con il pulman su un grande piazzale dove ce ne sono altri e appena scesi ci assale un profumo intenso di cacao e vaniglia. Non male!
Arriva Beppe, la nostra guida, che ci accoglie con sorrisi e un torrente di parole. Si informa da dove arriviamo: “È la prima volta che accompagno dei Piemontesi, non mi era mai successo!”, esordisce. Gli faccio notare che il Piemonte non è poi così piccolo, né per viverci né per visitarlo: con 4.393.607 abitanti e un’estensione di 25.387 km quadrati, è più grande e popoloso della Repubblica di Slovenia (20.273 km quadrati e appena 2.062.874 abitanti), per esempio. Lui annuisce: è la classica guida quarantenne appassionata e intelligente.
Ad Alba il sabato c’è il mercato per le vie del centro e mentre raggiungiamo il centro, Beppe ci racconta che la città è rinata con la cioccolata della Ferrero che dà da vivere a 4mila dipendenti e relative famiglie. Poi c’è il Gruppo Miroglio Tessile, presente in 22 Paesi del mondo che si sta riprendendo dalla crisi. Mentre parla getto l’occhio sulle vetrine che offrono lusso e qualità: tartufi bianchi e neri, Barolo e Barbaresco, moda e orologi di lusso, osterie affascinanti e vecchie pasticcerie. Non c’è una vetrina chiusa o i cartelli “Affittasi” o “Vendesi”. Mano a mano che racconta, emerge nelle parole o nelle deviazioni sulla parlata, quel “lessico piemontese” che in effetti accomuna molto.
Visitiamo la cattedrale di Alba, imponente con quel gotico altissimo delle sue volte a vela, e poi a pochi metri la casa di Beppe Fenoglio, lo scrittore de “La Malora”, il cantore di quelle terre quando il vino più che bevanda era un nutrimento per i contadini che zappavano arrampicati su quei “bric” impegnati con la loro fatica a creare il giardino dell’Eden a queste generazioni. Quando un debito, una gelata o una grandinata li poteva trascinare alla malora. Ma Beppe vuole stupirci e davanti a quella che fu la casa dello scrittore, sopra la vetrina della macelleria del padre, ci racconta del libro “I 23 giorni della Città di Alba” ed estratta un’edizione Einaudi (la famiglia era di quelle parti: il fondatore Giulio era figlio del presidente della Repubblica Luigi), ci legge un passo che gli costò severe critiche da sinistra a quei tempi: “Alba la presero in duemila il 10 ottobre e la persero in duecento il 2 novembre dell’anno 1944”, perché “i partigiani erano andati alla fiera di Dogliani”.
Quindi Beppe ci porta a vedere un’altra fantastica Chiesa barocca costruita per le monache di Santa Maria Maddalena nel 1735 da Bernardo Antonio Vittone. Gli diciamo che l’architetto lavorò anche a Montanaro e a Rivarolo; ci risponde che il lunedì sarà a Rivarolo per lavoro (ad Alba le guide dal lunedì al venerdì fanno un secondo lavoro per vivere) e che nella pausa andrà a visitarla.
Dopo il pranzo ammiriamo “I Paesaggi Vitivinicoli del Piemonte: Langhe-Roero e Monferrato” insigniti anch’essi del titolo di patrimonio Unesco. Siamo spaparanzati su una riva davanti al castello di Grinzane, dove un giovane Cavour faceva il sindaco. Cullato dal venticello, rilassato dopo il Dolcetto del pranzo, siedo all’ombra di una quercia enorme: tutto è perfetto. Finché Beppe attacca con i tartufi: “I romani dicevano che i tartufi crescevano laddove Giove scaglia un fulmine contro una riva, perlopiù in prossimità di una quercia”. Istintivamente mi alzo e vado verso il pullman.