(Graziella Cortese)
Nella versione italiana il titolo originale “J’accuse” non compare, ma sarebbe sufficiente di per sé per spiegare la vicenda narrata. Si tratta infatti del caso giudiziario più famoso nell’Europa di fine ‘800, un conflitto sociale e politico nato in Francia tra la guerra franco-prussiana e il primo conflitto mondiale.
Parigi 1895. Il cielo è plumbeo e l’atmosfera pesante e grigia, nel cortile della Scuola Militare è in corso una cerimonia di degradazione: dopo la condanna per alto tradimento al capitano Alfred Dreyfus vengono staccati i gradi della divisa e viene spezzata la spada di ordinanza. Egli si proclama innocente, ma è appena stato accusato di essere una spia e di aver fornito informazioni segrete ai nemici dell’Impero Tedesco. L’uomo è un allievo ufficiale di origine ebrea, nonostante le sue proteste viene deportato e imprigionato all’interno di una piccola fortezza sull’Isola del Diavolo nella Guyana francese.
Poco distante, sulla piazza, assiste con il binocolo il colonnello Georges Picquart: è un militare dall’aspetto austero che di lì a pochi mesi viene nominato a capo dei servizi segreti. Senza mai lasciar trapelare nulla dai suoi baffoni severi Picquart si intrufola negli uffici polverosi e scopre comunicazioni segrete tra il maggiore Esterhazy e un addetto militare tedesco… Dopo indagini, ricatti e analisi calligrafiche emerge la verità e l’innocenza di Dreyfus: ma sarà molto difficile rendere giustizia al capitano ebreo. L’esercito, i cittadini, e una certa parte della stampa lasciano trasparire una società in cui è germogliato il seme dell’antisemitismo e si è diffuso un pensiero xenofobo, pericoloso e razzista.
La pellicola è stata diretta e impostata da Polanski con una struttura molto tradizionale, ma Dujardin è impeccabile nel suo ruolo cinematografico e l’opera ha il pregio di riportare alla luce un episodio storico che oggi ci appare di sconcertante attualità.