Rieccoci!
Abbiamo davanti un anno tutto nuovo dove tutto appare già vecchio, ripetitivo e conosciuto, dove non sembrano prospettarsi novità di rilievo tali da suscitare particolari entusiasmi. Poca gente contenta, tanta quella chi si lamenta di tutto e di tutti, pochi coloro che si dicono soddisfatti e attivamente speranzosi nel futuro che ancora credono gli appartenga.
In generale è linea piatta. Encefalogramma piatto. Frase fatta; tanto sarà tutto uguale, sempre la solita storia. I regali di Natale sono già obsoleti, gli auguri sorpassati, le feste dimenticate e il solito tran tran della quotidianità in casa, al lavoro o a scuola ha ripreso la corsa.
In qualche piccola fessura della nostra esistenza lasciamo talvolta entrare notizie poco incoraggianti per il 2020 appena iniziato, perché un albero che cade fa più rumore di una foresta che sta in piedi, dice un vecchio proverbio.
Sballottati tra il tanto disinteresse, per quel che succede in casa e fuori i confini, e qualche volta una minuscola curiosità, suscitata magari da una informazione che “sta sul pezzo” importante del momento, c’è chi si sforza di essere leggermente più attivo e intraprendente per cercare di capire se è il caso di essere ottimista, pessimista o neutrale; quest’ultima va sempre abbastanza bene per non essere troppo coinvolti.
Tutti i messaggi e gli auguri solenni, proclamati ai quattro punti cardinali in questo periodo di festa, al momento non sembrano aver scosso i torpori della stanchezza del vecchio anno che è andato in soffitta.
Eppure sono stati tanti, su tanti fronti – religiosi e laici –; sono stati pronunciati da personaggi autorevoli non solo nostrani, hanno messo al centro valori alti e contenuti di spessore.
Hanno certamente seminato qualcosa, aspettiamo imperterriti i frutti che non cadranno dal cielo, ma che dovremo coltivare e curare mettendoci del nostro; che è sempre la parte più dura.