(Marco Notario)
SAN BENIGNO CANAVESE – Era il 14 dicembre 1979. Da qualche mese, nella settecentesca chiesa di San Benigno un gruppo di cittadini volontari stava collaborando a dei lavori, se non proprio di normale manutenzione, certamente di doverosa sistemazione: si trattava della posa di un impianto di riscaldamento. L’idea era partita dal giovane e attivo abate-parroco don Pier Giorgio Debernardi, il direttore dei lavori era l’architetto Luciano Viola e la manodopera veniva offerta appunto generosamente da cittadini volontari.
Il cantiere ormai stava per chiudere quando… una specie di capitello e alcune tessere di mosaico attirarono l’attenzione. Fermi tutti! Ricordiamo ancora il povero don Pier Giorgio passeggiare su e giù, bianco come un cencio…
Aveva inizio l’avventura degli scavi e della riscoperta della prima Fruttuaria.
Le prime notizie furono molto caute, tanto è vero che trapelarono solo il 3 gennaio del 1980 in un articolo su “La Stampa”. Nel frattempo si erano contattate le competenti autorità e soprattutto le Soprintendenze. E la chiesa venne chiusa per dieci anni.
Il cantiere di scavo per il recupero architettonico fu finanziato dalla Soprinten-denza ai Beni Ambientali ed Architettonici del Piemonte, sotto la direzione dell’architetto Giorgio Fea, con la partecipazione della Soprintendenza Archeologica del Piemonte, sotto la conduzione scientifica della dottoressa Luisella Pejrani Baricco, coadiuvata da Silvia Gallesio.
Il restauro degli intonaci e dei mosaici spettò alla Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici del Piemonte, a cura della professoressa Michela di Macco.
Fu per la cittadinanza sambenignese un periodo molto problematico, a causa della chiusura della chiesa, e anche di polemiche per le poche notizie che si avevano sui lavori. Lavori che comunque alla fine si rivelarono veramente degni di “tanto di cappello” e che suscitano ancora oggi meraviglia nei visitatori.
In teoria, nel 1984 il più del recupero era stato fatto: si era ri-scoperta la struttura dell’abbazia di Fruttuaria eretta da Guglielmo nel 1003 (che poi, per quel che ne rimaneva, era stata definitivamente coperta dalla basilica cardinalizia nel 1770) e si erano soprattutto riportati alla luce i mosaici e gli affreschi parietali.
Il lavoro più serio però doveva ancora venire: risistemare il pavimento della basilica in modo da poter utilizzare di nuovo la chiesa e al contempo lasciare agibile un percorso sotterraneo per la visione dei reperti. Fu fatto un lavoro ciclopico, con una soletta sospesa in ferrocemento, ideata dall’ingegner Giulio Vallacqua, realizzata dalla ditta Giovanni Antoniono di Agliè e collaudata dai professori Rossetti e Goffi del Politecnico di Torino.
Altri nomi meritevoli di essere ricordati in tutto questo lavoro sono quelli di Daniela Biancolini, Giovanni Abrardi, Gianfranco Vinardi, Rolando Perino, Caterina Motta, Claudio Bertolotto, Franco Crescenzi, Andrea e Stefano Pulga, Francesco Aschieri, Giacomo Gallarate, Ennio Matassi, Ditta Goia, Ditta Iemma-Rizza, il professor Mallegni dell’Università di Pisa, Museo di Antropologia di Firenze, Museo di Antichità di Torino, Comune di San Benigno, Diocesi di Ivrea, Regione e Ministero.
Il 19 marzo 1990 tutto era finito e Giovanni Paolo II celebrò messa proprio in questa “duplice” abbazia di Fruttuaria.
Un’appendice di scavi si ebbe nel 1991, sul sagrato, con la scoperta di altre strutture architettoniche che aiutarono a capire meglio la mappa di chiesa e monastero. E ancora, altre scoperte romaniche avvennero nel chiostro, casualmente, nel 2007. Pur-troppo occorsero altri 14 anni di burocrazia prima che la fruizione al pubblico, con un accesso completo e coordinato, potesse essere effettuato. Ciò avvenne il 25 maggio 2004 grazie all’impegno della nuova direttrice Giuse Scalva e all’apporto volontario degli Amici di Fruttuaria.
Ormai le visite (gestite appunto dagli Amici di Fruttuaria in collaborazione con il Polo Museale, dottoressa Valentina Barberis) hanno raggiunto le 100mila unità, cui si devono aggiungere contatti tramite riprese tv nazionali (Rai1, Rai3, Rai Storia), private (Sereno Variabile, TV2000) e locali, nonché pubblicazioni, convegni, iniziative di ogni genere.
Una curiosità. Tra le ulteriori varie scoperte (rotonda del Santo Sepolcro, tombe, forni delle campane, galilea) è venuto alla luce anche l’altare di San Giovanni, dove il 14 dicembre del 1015 fu sepolto (secondo il Chronicon Fructuariense) re Arduino.
Un altro 14 dicembre… quasi un presagio.