NEL SOLCO DEL CENTENARIO. Il RACCONTO DEL Carnevale DEL 1965

(Fabrizio Dassano)

Il resoconto del Carnevale d’Ivrea del 1965 apparve sul numero 9 del 4 marzo, mentre in prima pagina campeggiava su quattro colonne la notizia che l’avvocato Gianni Oberto di Ivrea era stato eletto presidente della Provincia di Torino e alla sinistra, l’editoriale con il richiamo del Vescovo sulla fraternità della Quaresima contro la fame, un appello ai cuori generosi.

Il resoconto tenendo presente il consiglio di un ”lettore di Samone” che diceva che “se presentato nel solito modo, seguendo cioè passo passo le varie manifestazioni, non interessa più i lettori, poiché esso non si differenzia che di pochi e trascurabili particolari dalle cronache degli anni passati (…). Faremo quindi, tanto per uscire dal solito clichet, una rapida carrellata, riportando con stile telegrafico, impressioni pettegolezzi sentiti in giro, sfuggiti con molta probabilità alla massa”. Poi il cronista ringrazia il Comitato guidato dal presidente cavalier Peraldo, ricordando il tempo inclemente che ha caratterizzato il Carnevale e racconta del tentativo di assicurarsi contro il maltempo. Sì proprio così. Il Comitato tentò di stipulare un’assicurazione contro il maltempo…

Ma la cosa, seppur presa in considerazione molto seriamente, non andò in porto perché la società di assicurazioni voleva lei imporre al Comitato gli orari delle sfilate, secondo le migliori previsioni meteo:

“Per evitare quindi fare svolgere il Carnevale di Ivrea magari a mezzanotte o alle tre del mattino per il gusto dei soli nottambuli, il Comitato ha giustamente rifiutato ed ha corso il rischio di fare a meno dei lumi della scienza”.

L’esito fu scontato con neve e pioggia. Così continuava il cronista: “Che sia stata una maledizione della Società assicuratrice, di concerto con l’Ufficio meteorologico, a provocare la perturbazione atmosferica per il mancato guadagno, non lo sappiamo. Sappiamo invece che sono caduti i più grossi fiocchi di neve mai visti quest’anno. Il secondo giorno una pioggerella insistente e noiosa il terzo giorno”.

Non senza arguzia il cronista del Risveglio Popolare, “B.” persisteva diligentemente sul pettegolezzo e sulla commedia del mettersi in mostra, la linfa vitale ironica ed eroica dell’intera manifestazione. Qui il parallelo lo tracciava tra il direttore della mitica Banda d’Affori di Milano, che apriva il corteo di allora, e il Presidente del Comitato, il cavalier Peraldo: “Il direttore della Banda aveva un bellissimo paio di baffi folti e nerissimi e che ne andasse giustamente fiero bastava solo guardarlo come si pavoneggiava per le strade di Ivrea. Quello che ci è rimasto male è stato il cavalier Peraldo, che si è visto togliere per tre lunghi e interminabili giorni il primato del più bel paio di baffi di Ivrea.”

Anche per il Gran Cancelliere “B.” trovò lo spazio per osservare che: “Bruno Perucca, fotoreporter di grossa mole, è visibilmente stanco. È tutto sudato e non ne può più. Come gli fosse di peso, si toglie la parrucca e se la tiene in mano e agitandola a mò di ventaglio si fa un po’ d’aria”.

Ma i personaggi principali arrivano a dare al pezzo il giusto coronamento al valore del Carnevale d’Ivrea: “Siamo stati favorevolmente impressionati dai due massimi personaggi del Carnevale ovvero la Vezzosa Mugnaia e il Generale che hanno assolto il loro non facile compito con serietà ed impegno non comune”. Si trattava di Olimpia Saudino Maga e del ragionier Gian Carlo Allera.
La battaglia delle arance veniva definita bellissima: “alla quale hanno partecipato, oltre ai soliti gruppi organizzati, moltissimi giovani su carri corazzati e a piedi. Molti di essi però hanno dovuto ricorrere al pronto soccorso e quasi tutti per… lesioni al bulbo oculare”.

Veniva riportata su Il Risveglio Popolare la proclamazione dei carri vincitori, che vedeva all’epoca tre categorie: il premio al miglior carro allegorico, che se lo aggiudicò “Il Paese dei Campanelli” dell’Oratorio di Castelrosso con un premio di 250 mila lire, il premio alle quadriglie che se lo aggiudicò la “lettera A”. Per i gruppi a piedi il trofeo andò all’Asso di Picche, mentre il primo posto per le pariglie andò alla “lettera F” di Sabolo. Il primo premio per i gruppi mascherati di 130 mila lire andò al gruppo della Valchiusella.

Ma vediamo come il nostro cronista descrisse i commenti al verdetto della giuria del martedì: “Il sig. Tognoli, segretario del Comitato carnevalesco, esce dalla stanza riservata alla giuria con in mano il suo verdetto. Si avvicina al microfono, si schiarisce la voce e dà quindi lettura al verbale. Dalla sottostante piazza ci giungono grida di gioia (quelle dei vincitori) e urla di protesta (degli sconfitti). Questi ultimi a colpi di gomito, riescono a farsi largo e si portano in Municipio a litigare con il cav. Peraldo – È un’ingiustizia – dice un signore tutto rosso in viso – il mio carro era molto più bello di quello che mi ha preceduto… non avete fatto le cose serie… È una camorra! – È il ritornello di sempre. Per gli sconfitti (non si potrebbe proprio chiamarli così perché tutti ricevono un premio in danaro), il verbale della giuria è sempre redatto faziosamente”.

All’ultimo atto del martedì, alle 21,30 lo scarlo in piazza di Città sta bruciando e mitigando il freddo della serata, quando il cronista de Il Risveglio Popolare viene colpito violentemente al viso da un’arancia marcia: “ (…) più in là, un ometto magro scannato, sulla cinquantina, apre la bocca sdentata e atteggiandola in uno squallido sorriso mi fa intendere che a tirarla è stato lui. – A Carnevale – mi dice in stretto idioma piemontese – ogni scherzo vale. – Cosa dovevo fare, picchiarlo?”