(Fabrizio Dassano)
“Tutta l’infelicità degli uomini deriva da una sola causa: dal non sapere starsene in pace, in una camera” (Blaise Pascal, matematico, fisico, filosofo e teologo francese 1623 – 1662)
Sono qui davanti al pc, provando ad approfittare dei “domiciliari” per tutti quei lavori accantonati da anni. Dalla finestra vedo un enorme Cedro del Libano che mi nasconde la vista della sommità sovrastante di Monte Navale. Il cielo è coperto da una spessa coltre di nubi che sprigiona luce come un immenso neon. Non sento più rumori provenire dall’esterno. Guardo ogni tanto gli altri condomini per vedere se c’è qualcuno che si muove da dietro i vetri delle finestre, tentando di cogliere segni di vita. Anche l’atmosfera sembra sospesa.
Mi ricordo giorni noiosi di quando, da ragazzo, libero dagli studi non avevo nessuna voglia di uscire e me ne stavo ad ascoltare gli LP dei Genesis aspettando la voglia di uscire… quella che oggi pare invece non mancarci. Stare a casa per forza in questi giorni, mi fa riflettere sulla casa, sulle camere che la compongono: lo faccio senza particolare difficoltà, conscio che una casa deve essere non solo funzionale alla nostra vita rispondendo ai nostri bisogni primari (stare al caldo d’inverno, essere comoda per le nostre esigenze, soddisfare i nostri desideri visto che abbiamo anche l’acqua potabile e l’energia elettrica…). La casa ha anche un’anima che, se siamo disposti ad ascoltare, ci può trasmettere quello “spirito dei luoghi” che possiede.
Vagando per la mia stanza adibita a biblioteca mi imbatto nel libro di Xavier de Maistre dal titolo “Viaggio intorno alla mia camera”, la storia dei 42 giorni d’arresto nella sua stanza nella Cittadella di Torino, suddiviso in altrettanti capitoli. Questo ufficiale sabaudo, che era anche pittore e arguto narratore, aveva subìto l’arresto per un duello d’onore avvenuto poco prima del Carnevale di Torino del 1790.
Nella sua reclusione forzata, egli percorre in lungo e in largo e in diagonale, zigzagando e facendo spesso camminare sulle gambe posteriori la poltrona da cui non si alza, i 36 passi di lato della sua stanza quadrata; lo fa commentando il mobilio e le suppellettili, oggetti che richiamano vecchi ricordi. Il monologo dello scrittore si sdoppia anche in un dialogo tra due parti di sé: l’anima e “l’altra” (cioè la “bestia”, il corpo), le quali battibeccano con grazia, chiamandosi con rispetto persino “Madame”, dando vita a scontri dialettici da cui spesso esce vincitrice “l’altra”. Sono presenti anche una cagnetta amatissima, Rosine, e un servitore, Joannetti, anch’egli prediletto e insostituibile, che tuttavia lo abbandona di punto in bianco, perché si è sposato e si deve trasferire ad Asti. Ogni oggetto che l’autore ci presenta è occasione di divagazioni e di aneddoti, di osservazioni filosofiche basate su una morale corrente, benevola, generosa e arguta.
Quando descrive le stampe e i quadri della sua stanza presenta per ultimo, come pezzo forte della collezione il quadro più apprezzato dagli ospiti, soprattutto dalle dame: uno specchio! Infatti, sempre “imparziale e vero, rimanda agli occhi dello spettatore le rose della giovinezza e le rughe dell’età matura, senza calunniare né lusingare nessuno”. Anche i rari momenti di malinconia, come il ricordo di un amico scomparso, sono sempre superati con lo slancio di una fede pura, sincera e mai bigotta, di autentico e universale spiritualismo.
Da ragazzo, per emulare i Montgolfier, il De Maistre aveva costruito un pallone a Chambery da cui decollò con un amico il 5 maggio 1784. Famoso lo divenne soprattutto a Parigi, ma dopo aver combattuto contro Napoleone egli seguì il generale Suvarov e si sposò felicemente a San Pietroburgo. Rifece visita all’amata Torino molti anni dopo la caduta di Napoleone, ma poi tornò a San Pietroburgo ove morì alla veneranda età di 89 anni.
Tutti e quattro i suoi figli morirono in giovane età, l’ultimo a 16 anni per l’epidemia di colera del 1837 a Napoli, dove si trovava con la famiglia e dopo aver incontrato Alessandro Manzoni. Così scrisse: “Tutto è vita e luce intorno a noi; la natura pare si rallegri della nostra disgrazia”. Parole che sembrano rimbombare ancora, in questi giorni sospesi, nel chiuso di ogni stanza.