(Fabrizio Dassano)
“Non succede nulla. Nessuno viene, nessuno va. È terribile”
(S. Beckett, “Aspettando Godot”)
Dopo quella della settimana scorsa, ho trovato un’altra missiva nella buca delle lettere. È anche questa a firma del mio misterioso ex vicino, quello che aveva lasciato la città poco prima dell’esplosione della pandemia. La lettera è a tratti sconnessa nel significato e si perde in faccende sue che non ci riguardano per niente. Ma occorre avere pazienza: evidentemente nella solitudine in campagna in cui si è rifugiato ha imboccato la via della speculazione filosofica e, ostinatamente, non mi mette l’indirizzo del mittente, così… non posso nemmeno rispondergli.
“L’attesa e la solitudine sembrano un periodo creato apposta in cui ci si deve per forza chiedere che cosa succederà dopo. Questo è ancora un retaggio dell’interruzione di un’abitudine, di una routine che va avanti quasi da sola ed è durata per molti anni: alzarsi la mattina, lavarsi la faccia, andare al lavoro, tornare dal lavoro, passare a fare la spesa e ripiombare in tutte le dinamiche delle più differenti famiglie di cui facciamo parte, insieme alle attività sociali del consorzio umano. Oggi solo una piccola parte di noi fa ancora queste cose, perché una grande fetta di popolazione è costretta in casa e le attività sociali sono finite.
In questi giorni ho continuato a mettere a posto la legna, a spaccare i ceppi che altrimenti non entrerebbero nel potagé: un lavoro che, quando non piove, mi fa passare la giornata. Avevo quasi terminato l’opera, mi restava un ultimo mucchio di legna coperto da una lamiera zincata, ondulata: appena l’ho alzata si è levato un piccolo sciame di vespe. Infatti sotto la lamiera ci sono quattro nidi di vespe e le nuove nate erano appena uscite dal nido e svolazzavano incerte tutt’intorno. Istintivamente mi sono allontanato e qualcuna di loro mi ha seguito per qualche metro con fare minaccioso. Non ho ammoniaca in casa come rimedio e quindi avevo paura di subire qualche puntura.
Poiché avevo voglia di terminare il lavoro, sono andato a cercare nel magazzino dell’insetticida. Volevo sterminarle! Nello stesso tempo però non mi andava di usare quella roba chimica così violenta… erano appena nate. E, dopo tutto, ero stato io a ribaltargli il nido. Così ho fermato il lavoro, e sono tornato in casa ad aspettare. Il giorno dopo sono andato a controllare e le vespe non c’erano più. Su un palo dell’orto vicino mi guardava sorniona una ghiandaia mentre con il becco si lisciava le piume.
Quindi, caro il mio ex vicino di casa, visto che di tempo ora ne hai anche tu, volevo dirti che puoi anche aspettare prima di farti travolgere dalla frenesia dell’uscire di casa o di voler risolvere le cose all’istante, sempre con la tua noiosa urgenza. Forse queste restrizioni ti faranno finalmente riflettere sul valore del tempo e sulle priorità delle tue urgenze che ti paiono inderogabili.
Forse questo tempo ritrovato adesso ti fa un po’ paura perché non sei più allenato a pensare in solitudine. Guarda che studi scientifici – ignorantone che non sei altro – dimostrano che annoiarsi fa bene. Anzi, al posto di riempire i piccoli momenti di noia con il cellulare, con il computer o con qualsiasi altra cosa, oggi in questa situazione possiamo finalmente imparare a goderceli con tranquillità. Ci permettono di sviluppare una maggiore creatività e sono, sostanzialmente, molto utili al nostro cervello.
Vivevamo in una società dove tutto andava veloce, gli impegni si susseguivano uno dopo l’altro, il tempo stringeva e doveva essere organizzato in maniera minuziosa. La vita senza un obiettivo da inseguire sembra vuota, per essere appagati bisogna desiderare qualcosa e cercare di raggiungerlo in tutti i modi. Per questo motivo la noia, cioè la totale assenza di impulsi e desideri, viene vista come un qualcosa di estremamente negativo, un’emozione da evitare a tutti i costi. In realtà è in grado di farci connettere al nostro io interiore, di farci scoprire quali sono realmente le cose importanti per noi e ci consente di vedere tutto il resto come una mera occupazione del tempo.
Forse ci fa così tanta paura proprio per questo? Forse fermandoci ad annoiarci ci renderemmo conto di quanto, in realtà, sono vuote le nostre vite in costante movimento?
Mio caro ex vicino, prova ad annoiarti sinceramente, trovando le risposte a queste domande!”