(Cristina Terribili) Che cosa fanno gli uomini e le donne in quarantena? Come stiamo passando il nostro tempo in casa? Abbiamo scritto e letto in queste settimane delle persone che sono impegnate a vario titolo nel contrasto al Covid-19, di chi ha esaltato o imparato lo smart working, di chi si è dato alla lettura o alle serie televisive, di chi ha partecipato ai flash mob dai balconi… Ma poi ci sono milioni di cittadini di tutte le età che semplicemente attendono che la tempesta passi e poter riprendere una serie di impegni per ora accantonati.
Il quadro descritto dalla cronaca ha mostrato persone impegnate a fare grandi spese per rifornire la dispensa di ogni cibo possibile immaginabile, persone intente a cucinare piatti super elaborati e altri che, sgomenti, attendono come un nuovo attacco alla propria integrità psicologica con l’arrivo della prossima bolletta da pagare. Mentre i forni domestici hanno raggiunto temperature elevatissime, abbiamo riscoperto il lievito madre, dopo che era terminato tutto il lievito di birra in commercio o scoperto i licoli per averne una dose maggiore.
Chi ha cominciato a fare delle pulizie è andato sempre più a fondo, prima una stanza e poi ogni angolo nascosto, ha tolto le tappezzerie ai cassetti per rifoderarli, qualcuno addirittura si è esposto alla missione impossibile di ri-appaiare i calzini sperduti da anni.
C’è chi ha deciso finalmente di eliminare gli abiti stretti, larghi, corti, lunghi, tarmati, scuciti, senza un bottone, quelli che “prima o poi torneranno di moda” ma peccato, a quel momento non avremo più l’età, il peso, lo spirito giusti.
Abbiamo visto chi ha cominciato a lavare tutto a 90 gradi con la candeggina per sterilizzare tutto e ha poi scoperto quanto possono essere grandi i buchi nelle lenzuola.
Qualcuno ha cominciato a mettere a posto vecchie foto e si è perso nei ricordi: ha osservato persone sconosciute che sorridevano abbracciandosi, ha osservato tramonti, albe, panorami, ha intasato le chat di famiglia chiedendo chi fosse quel parente. C’è anche chi ha aperto le scatole di foto e le ha richiuse immediatamente.
C’è chi ha visto maratone di serie tv, di tutti i generi, perché esauriti quelli di interesse primario ha passato in rassegna le serie televisive di altri generi, anni e Paesi, ed ora confonde i vari personaggi perché molti attori si avvicendano nelle diverse serie televisive.
C’è stato chi ha cominciato a studiare online le cose più disparate come imparare lo swahili e/o il vietnamita, perché finita l’emergenza si tornerà a viaggiare e quindi conoscere qualche lingua in più potrà servire a qualcosa.
C’è chi lavora da casa e ha fatto riunioni sfoderando il sorriso più bello mentre sotto il mezzobusto si indossavano ancora pigiama e pantofole, con il gatto che camminava sulla tastiera del computer condiviso con i figli che seguivano invece le lezioni a distanza.
Ci sono poi quelle persone che hanno deciso di passare il tempo alla finestra ad insultare chi usciva, ignorando il motivo per cui quelle persone fossero in strada, avvisando le forze dell’ordine perché presi dalla smania di essere i giustizieri della sanità pubblica.
C’è chi osserva compiaciuto la propria dermatite, segno inequivocabile di tutti i lavaggi e di tutti i disinfettanti usati.
Ecco, a tutte queste persone, diciamo grazie (un po’ meno a chi denuncia senza sapere i motivi che hanno spinto quella persona ad uscire di casa): grazie perché hanno comunque trovato un modo per impiegare il tempo, perché hanno resistito, perché hanno sperimentato, perché hanno osato fare qualcosa di nuovo. È uno sforzo che è servito e che servirà… perché non è ancora finita…