(Graziella Cortese)
L’ultimo film di Spike Lee uscirà il 12 giugno sulla piattaforma web Netflix (nota per le serie televisive e i molti contenuti multimediali), e sarà disponibile previo abbonamento su Internet.
Il regista americano, da sempre impegnato anche politicamente contro il razzismo e i pregiudizi della società statunitense nei confronti della popolazione afroamericana, ha realizzato una pellicola che parla della guerra in Vietnam, ma soprattutto di un tipo di pensiero difficile da sradicare anche nell’America di oggi.
Gli ultimi eventi di Minneapolis ne sono una tragica testimonianza.
Quattro soldati di colore, Paul, Otis, Eddie e Melvin, si ritrovano per un progetto comune: sono sopravvissuti alla guerra del Vietnam e ora, a distanza di anni, decidono di tornare sul campo di battaglia che li ha visti protagonisti in territorio asiatico.
La loro missione è ritrovare il corpo del loro amato comandante morto sul campo e di riportarne le spoglie a casa. In realtà c’è un altro motivo: i quattro veterani ricordano che all’epoca era stato nascosto un ingente tesoro in lingotti d’oro: milioni di dollari che dovevano servire per pagare le truppe alleate vietnamite in cambio del loro aiuto. L’elicottero che trasportava il tesoro era stato colpito e fatto precipitare, ed ora i quattro, aiutati dal figlio di Paul, si recano nel luogo che un tempo si chiamava Saigon, ritrovando così una popolazione a loro ostile, che ancora oggi ha negli occhi il ricordo di una battaglia infinita.
Spike Lee, al di là della vicenda narrata, ha voluto sottolineare come spesso la popolazione nera abbia pagato con la vita la partecipazione alle guerre, senza per questo ottenere un vero riconoscimento dei diritti civili: l’elezione del presidente Trump, ha raccontato ancora Lee, ha peggiorato la situazione fomentando rigurgiti razzisti e smontando in parte il lavoro attuato dall’amministrazione Obama.
