(Mario Berardi)
Angela Merkel ha messo il dito nella piaga del Governo Conte: la politica dei “due forni” (già famosa per le scelte da prima Repubblica di Andreotti e Craxi) che vede le due principali forze di maggioranza alleate a Roma, ma divise nelle Regioni e nei Comuni. Di fronte alle contrapposte posizioni di Pd e M5S sul prestito Mes da 37 miliardi per la sanità, il premier rinvia la scelta a settembre, sperando in un soccorso europeo.
Ma la Cancelliera tedesca, che da luglio guida la conferenza dei capi di governo, invita a una scelta rapida sul Mes, per non dare spazio ai Paesi sovranisti che frenano sul “recovery fund”. In altre parole, la Merkel chiede a Conte: come tacitare l’opposizione dei Paesi “frugali” se l’Italia stessa diffida delle istituzioni europee?
Questo è il paradosso: avremmo bisogno di tutti gli aiuti europei, ma in Parlamento la maggioranza sul Mes non c’è, per l’opposizione dei Grillini, della Lega e della Meloni, ovvero per la riedizione ad hoc dell’alleanza giallo-verde che diede vita al Conte I.
Il rinvio a settembre non si nega mai (quanti governi “balneari” nella nostra storia!), ma in piena crisi economica le conseguenze non sono indifferenti: come ha detto la Merkel, i fondi del “recovery fund” non arriveranno prima di gennaio (perché le misure vanno approvate dai Parlamenti dei 27 Paesi della UE), mentre il Mes è in parcheggio… E anche gli interventi per la Sanità resteranno congelati, mentre dovrebbero da subito partire nuove iniziative di prevenzione (nuovi reparti, tecnologie d’avanguardia, personale sanitario rafforzato…).
Nel tentativo di esorcizzare il conflitto nella maggioranza, il ministro del Tesoro Gualtieri ha fatto i conti in diretta tv: il Mes fa risparmiare 5 miliardi di interessi in 10 anni rispetto all’ipotesi di ricorso al mercato interno e internazionale (ovvero: non è una somma marginale rispetto al bilancio dello Stato quella su cui si sta litigando).
Il vero nodo è però politico e riguarda i rapporti con l’Europa, alleata o matrigna: partner essenziale per Zingaretti, Renzi, Calenda, Berlusconi; temibile nemica per Salvini, Meloni, Di Battista (candidato alla guida del M5S dopo la parentesi Crimi)?
Come ha scritto il direttore del “Corriere della Sera”, il premier Conte ha gestito con capacità la prima fase della pandemia; ma ora rischia di impantanarsi nella gestione della ricostruzione per lo strabismo della sua maggioranza. È vero che manca l’alternativa (Berlusconi non segue Salvini e la Meloni nell’opposizione a Bruxelles), ma nella storia della Repubblica non mancano le vicende di Governi caduti… per sfinimento.
Né aiuta la coalizione la prossima scadenza delle elezioni regionali di settembre, con una corsa solitaria delle diverse componenti.
La “palla” della possibile crisi è nelle mani del premier che deve scegliere se continuare nell’estenuante politica dei “due forni” o assumere con vigore la guida dei grillini, ponendo fine alla guerra interna suscitata dal terzomondista Di Battista (innamorato di Cina, Iran, Venezuela…). I sondaggi sono dalla sua parte, ma l’opinione pubblica è mutevole e non accetterebbe lunghi rinvii di fronte all’aggravarsi delle difficoltà.
La stessa vicenda delle elezioni regionali non può essere sottovalutata: difficilmente il Governo potrebbe reggere se il centro-destra ottenesse un risultato positivo in 4 regioni su 6 (in tal caso molti osservatori ipotizzano elezioni politiche anticipate nella prossima primavera).
Peraltro anche nel Pd, in dissenso da Zingaretti, ci sono spinte solitarie e contrarie ad alleanze coi pentastellati. Emblematica la vicenda piemontese e torinese, con un netto no dei Dem ad accordi con i grillini: non è servita la lezione delle recenti elezioni regionali in Piemonte, ove la corsa solitaria ha portato alla sconfitta un leader prestigioso come Sergio Chiamparino. Peraltro il centro-destra, dopo la vittoria con Cirio, sta puntando per Torino ad un accordo con parti importanti del mondo industriale, un bis alla rovescia dell’intesa del ‘93 tra il centro-sinistra di Valentino Castellani e il mondo imprenditoriale progressista, guidato da Enrico Salza.
In questa calda estate, non c’è spazio per il riposo della politica. Le scadenze urgono, i nodi vanno sciolti, le precarietà affrontate: non con le apparizioni in tv, ma con atti precisi di Governo.