(Cristina Terribili)
C’è stato un tempo in cui ci si preoccupava della prova costume. Uomini e donne affollavano le palestre per rimettersi in forma dall’inverno, fantasticando su destinazioni più o meno esotiche per la villeggiatura.
C’è stato un tempo in cui gli stabilimenti balneari, termali, sciistici, lacustri, pullulavano di ombrelloni, lettini e asciugamani stesi sui prati per prendere il sole già nel mese di aprile. C’è stato un tempo in cui ci si accalcava ai buffet per assicurarsi di che mangiare come se non ci fosse un domani.
C’è stato un tempo in cui a maggio c’era già chi sfoggiava l’abbronzatura da far invidia, sandali aperti, unghie sgargiantemente laccate secondo le regole della moda. C’è stato un tempo in cui si correva dietro le promozioni e le offerte per le vacanze insieme a turisti di tutto il mondo.
C’è stato un tempo in cui ci si lamentava del caldo, dell’aria condizionata nei negozi, della pioggia, del vento e di quasi tutto il resto…
Tutto questo tempo passato sembra appartenere ad una galassia lontana, ad un altro mondo, ad un altro popolo. La prova mascherina non ha lo stesso effetto di quella del costume; trascurando poi che con il caldo e il sudore si creano sovente dei fastidiosi aloni di irritazione, continua peraltro a non essere chiarissimo dove, quando e come debba essere indossata…. La conseguenza è che la mascherina (o almeno il suo corretto uso) sta pericolosamente sparendo dalla circolazione. Al massimo serve a coprire il sottomento rimpolpato nel periodo di lockdown.
I profumi dell’estate sono quelli dei disinfettanti per le mani all’ingresso di uffici e negozi. C’è chi dovrebbe provare a metterlo sotto le ascelle, visto che non è mai riuscito a metterci un deodorante, ma questo è un problema che non troverà soluzione.
Le persone fanno ancora fatica a capire dove sono, cosa fare, dove andare… Si ha l’impressione di essere metà strada tra la battuta del famoso film “Non ci resta che piangere” e il purgatorio dantesco in cui novelle anime in pena mantengono una distanza più o meno di sicurezza, indecise tra la voglia di libertà e la nostalgia delle quattro mura tanto rassicuranti.
Anche passeggiando tra i negozi si vive una chiara dissociazione cognitiva: alle vetrine con l’abbigliamento primavera-estate, se ne affiancano tante con abiti invernali in svendita; con la stessa disinvoltura, si misurano un paio di ciabattine da spiaggia e un capospalla per il prossimo inverno.
Tra distanziamenti di ombrelloni, registrazioni di tracciabilità, feste di paese e animazioni sotto tono, si prova ad agganciare l’estate 2020. Si fa ricorso alla fantasia: i campi da calcio potrebbero essere un’ottima location per le orchestre, oppure si potrebbero creare ad hoc nuove coreografie in cui si balla senza sudare per rilanciare le serate danzanti.
Tra caffè, colazione e persino pranzo “sospeso” ora in quella specie di limbo ci siamo finiti noi, ancora scombussolati tra quello che siamo stati in primavera e quello che vorremmo essere in estate.
Magari l’autunno porterà soluzioni?