(Cristina Terribili)
L’attivazione coattiva del TSO (trattamento sanitario obbligatorio) per chi non rispetta le limitazioni alla libertà personale (quarantena e isolamento fiduciario) pur essendo affetto da Covid-19 e dunque pericoloso per la diffusione del virus nel resto della popolazione: si è discusso molto nei giorni scorsi di questa richiesta, avanzata dal Governatore del Veneto Luca Zaia dopo il caso dell’imprenditore padovano che ha deliberatamente ignorato la sua positività e ha continuato la sua vita come se nulla fosse col risultato di contagiare altre persone.
Una proposta forte, quella di Zaia, basata sul presupposto che chi non comprende il pericolo che rifiutare le cure e le indicazioni fornite dai sanitari comporta per sé o per gli altri, o ha un’alterazione della coscienza o è affetto da un delirio di onnipotenza o da altre patologie che sarebbe bene indagare.
Che cosa scatta nella testa di chi decide di mettere a repentaglio la vita di centinaia di persone, di seminare il panico in chi si è trovato nel momento giusto nel posto giusto ma con le persone sbagliate e di essere più competente di medici e più immune di un vaccino?
Non stiamo parlando di certo di serial killer e neppure di persone con seri problemi psichiatrici, tanto meno di qualcuno che abbia subito traumi indicibili e meditano azioni di vendetta contro chi gli ha fatto del male. Parliamo di persone normali, che scelgono e mettono in atto atteggiamenti palesemente irresponsabili.
La legge che prevede il TSO venne predisposta nel 1978 per chi è a rischio di essere pericoloso per sé e per gli altri. Questo istituto è stato talvolta usato malamente da chi ha voluto commettere una serie di soprusi a discapito di povere anime, ma in moltissimi altri casi ha evitato tragedie, permettendo a chi era in stato di enorme confusione di ritrovare l’equilibrio.
Ma è davvero utile un TSO? Chi è affetto da Covid-19, nei casi in cui la malattia si presenta con maggiore virulenza, ha anzitutto bisogno di una terapia intensiva, di isolamento, di personale sanitario specifico e preparato; per chi provoca una pandemia sono però senza dubbio utili anche le misure giuridiche, che prevedano, appena dopo il superamento della malattia, un bel tempo di riflessione in detenzione.
Sarebbe anche utile che chi agisce con tanta superficialità paghi a proprie spese le cure sanitarie e quelle delle persone a cui ha causato danni.
Chi non riesce a comprendere le conseguenze delle proprie azioni, ha bisogno di una riflessione molto lunga e ha bisogno di fare esperienza della certezza della pena se non segue le direttive a tutela di tutti. La libertà di ognuno termina di fronte alla libertà di un altro.
Mentre l’irrispettoso personaggio si aggirava con spavalderia, c’era – e ancora ci sono – tantissime persone che stanno cercando di rientrare nella normalità; e sappiamo con quale fatica! Non possiamo permetterci di pensare che quello che accade lontano da noi non ci riguardi, perché abbiamo provato sulla nostra pelle quanto siamo tutti connessi, quanto il mondo sia piccolo.
La mancanza di rispetto non è segnale di disturbo psicopatologico.
Proprio per questo, in alcuni casi, la certezza delle leggi esistenti e della messa in atto della giusta pena potrebbe essere un modo per rassicurarci tutti e ricordare a ciascuno le proprie responsabilità personali.