(Mario Berardi)
Governo senza pace.
I due ottimi risultati ottenuti (il contenimento sanitario del Covid-19 e il conferimento di oltre 200 miliardi da Bruxelles per il Recovery fund) non hanno spostato il quadro politico: nei sondaggi il destra-centro è al 48% (con la Meloni che sottrae voti a Salvini) mentre la coalizione Conte è ferma al 42.
Il gradimento nei confronti del premier è elevato, ma non si traduce a favore dei partiti: il Pd è bloccato sul 20%, i grillini perdono la metà dei voti delle politiche, Renzi e la sinistra di Bersani faticano sul 3%.
Manca alla coalizione un progetto condiviso di lungo respiro e prevale la contesa su ogni tema: dalla nuova legge elettorale alla riforma della giustizia, dalla ripresa scolastica alle linee d’intervento per la rinascita economico-sociale.
Conte, sentendosi fragile, cerca ora un allargamento della maggioranza, con il sì di Berlusconi sulle misure più importanti, offrendo in cambio a Forza Italia (Brunetta) la presidenza della Commissione di controllo sulla gestione dei “ricchi” fondi europei; ma anche su questo tema ci sono resistenze nei gruppi parlamentari.
Aiuta il premier la radicalizzazione delle posizioni della Lega, in difficoltà nella sua roccaforte lombarda per le inchieste della Magistratura sul presidente Fontana e su due ex commercialisti del Carroccio. L’insidia più rilevante per la coalizione viene dalla scottante questione del Mes, il Meccanismo europeo di stabilità.
Secondo il commissario UE Gentiloni, i soldi del Recovery fund arriveranno tra un anno; nel frattempo, per evitare una crisi di liquidità o un rinvio delle misure di sostegno all’economia, l’Italia dovrebbe richiedere gli stanziamenti del Mes, nonostante l’opposizione dei grillini, di Meloni e Salvini. Avrà il premier il coraggio di questa scelta? Attenderà come motivazione le previste difficoltà autunnali? Si parla addirittura di un aut-aut della BCE: senza il Mes stop al bazooka di acquisti di titoli di Stato italiani. Per il ministero del Tesoro sarebbe una strada senza uscita.
Lo stato di necessità non è un buon consigliere perché le risorse in gioco sono immense ed esigono indirizzi meditati dall’intero Parlamento, maggioranza e opposizione, con una prospettiva pluriennale. Il Covid-19 ha cambiato il quadro socio-economico in pochi mesi: il mito del dio-mercato, che tutto risolve, è crollato di fronte all’Apocalisse suscitata dalla pandemia (anche gruppi multinazionali come la Fiat-Fca sono corsi a chiedere prestiti agevolati statali).
È riemersa la linea del primo centro-sinistra con Fanfani, Moro, Nenni, La Malfa: una terza ipotesi tra liberismo totale e statalismo, con un ruolo di forte mediazione del Governo e del Parlamento.
Ma quale mediazione: assistenziale, propulsiva, riformatrice? Palazzo Chigi distributore indifferenziato di aiuti o propugnatore di precise scelte strategiche? Scuola, sanità, infrastrutture, digitalizzazione, investimenti verdi, o sovvenzioni a pioggia?
Ancora: gli investimenti produttivi non possono far dimenticare al Governo le aree di povertà e ingiustizia accresciute dall’epidemia. Come ha scritto la Corte dei Conti, il reddito di cittadinanza ha salvato migliaia di persone dalla miseria assoluta, anche se va rivisto come strumento per l’avvio al lavoro; e la continua fuga di giovani, specialmente dal sud, va affrontata con precise indicazioni sulla scuola e la formazione professionale; quanto alla presenza dello Stato nelle imprese va vista come tutela delle situazioni più fragili (Ilva, Alitalia, Embraco…), con l’obiettivo di un ritorno alla normalità di impresa, con la tutela dell’occupazione.
Con un disegno riformatore Governo e Parlamento possono recuperare la fiducia alla politica di milioni di persone; con una politica clientelare avremmo il Covid nelle istituzioni, nonostante il soccorso di Bruxelles.
Infine un’annotazione da “Avvenire” su un tema etico delicato: i tecnici della Camera hanno eccepito sul testo del ddl sulla spinosa questione della “omotransfobia” perché i termini non sono espressi in una corretta logica giuridica; in altre parole, siamo alla propaganda, non a un testo normativo ineccepibile. Ma tutti, laici e cattolici, sperano in una Repubblica trasparente e garantista, per un corretto confronto delle opinioni, non sottoposte alla valutazione di merito di ottomila togati.
L’estate spinge la politica a riflettere oltre gli interessi di parte, mentre i barconi di migranti che arrivano dalla Tunisia ci ricordano il permanente dramma della quarta sponda del Mediterraneo, costantemente richiamato da un sempre attento Papa Francesco.