(Mario Berardi)
Gli Stati generali del M5S, primo partito in Parlamento, hanno sancito il passaggio da movimento a forza politica organizzata, ma non hanno sciolto i nodi sul futuro dei grillini, essendo emerse tre linee diverse: il tutto reso esplosivo dall’assenza contestuale del fondatore Beppe Grillo e del patron della piattaforma Rousseau, Davide Casaleggio.
Il presidente della Camera Roberto Fico e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio hanno raggiunto la maggioranza assoluta (70%) sul sostegno al Governo Conte, lasciando in minoranza la componente movimentista e protestataria guidata da Alessandro Di Battista, su posizioni di destra; ma mentre Fico (sinistra) punta ad un accordo strategico di centro-sinistra con il Pd e ipotizza per le prossime politiche un M5S guidato dal premier Conte, Di Maio (centro) si tiene le mani libere, ponendo di fatto la sua personale candidatura per Palazzo Chigi.
Le vere votazioni sul programma e sulla leadership sono previste a fine anno e nel frattempo continuerà la reggenza di Vito Crimi. Questo non agevola il lavoro del Governo in una fase molto difficile per la duplice crisi sanitaria ed economico-sociale. Il premier Conte, designato a Palazzo Chigi dai grillini, esce indebolito dall’opposizione della componente Di Battista e dalla rivalità del ministro Di Maio; ma ancora più rilevanti sono le difficoltà programmatiche e politiche.
Due i nodi essenziali: i rapporti con l’Europa, il rapporto con le opposizioni.
Da Bruxelles è giunta una doccia fredda sul Recovery fund e sui 207 miliardi promessi da Ursula von der Leyen: i governi conservatori di Budapest e Varsavia (sovranisti) hanno posto il veto sul nuovo bilancio UE e sui finanziamenti anti-Covid perché rifiutano di cambiare la loro politica sul tema dei diritti.
Gli aiuti della UE sono quindi bloccati per tutti i Paesi e, se va bene, non arriveranno prima dell’estate. A questo punto, per salvare il bilancio 2021 dello Stato italiano, occorrerebbe attingere ai 37 miliardi del fondo Mes per la sanità; ma i pentastellati, da sempre contrari, accetteranno da Conte una svolta d’emergenza, nonostante il no di Di Battista, Salvini, Meloni? Faranno come la sindaca Appendino sulla Tav?
Sui rapporti con l’opposizione il contesto politico è altrettanto complesso, anzitutto per lo scontro emerso tra Berlusconi e Salvini sulla legge del Governo a difesa delle aziende italiane dalle “conquiste” estere. La Lega ha votato contro in commissione, ravvisando un “aiuto” a Mediaset assediata dal francese Vivendi; Forza Italia ha gridato allo scandalo per il tradimento dell’alleato e ha confermato con Berlusconi la disponibilità a sostenere il Governo nel varo delle misure finanziarie anti-Covid; Zingaretti ha apprezzato questa apertura e ha proposto di scrivere la legge finanziaria a quattro mani, con un relatore di maggioranza e uno dell’opposizione.
L’indicazione del Pd, nella linea delle vaste convergenze indicate dal Quirinale, è stata tuttavia stoppata dal reggente dei Grillini Crimi, che teme una perdita di ruolo del suo partito; e il ministro Di Maio, contestualmente, ha chiesto al governo un maggior peso per i Grillini, dimenticando che oggi, secondo i sondaggi, il M5S è al quarto posto, dopo Lega, Pd, FdI, con un modesto 15% (contro il 33% del voto politico del 2018).
I due “dioscuri” del precedente Governo giallo-verde (Salvini e Di Maio) hanno in questa difficilissima fase del Paese una grande responsabilità: il leader della Lega dovrebbe alzare la voce nei confronti dei governi amici dell’Ungheria e della Polonia, che bloccando il Recovery fund tengono in ostaggio alcuni Paesi europei duramente colpiti dalla pandemia; Di Maio, a sua volta, dovrebbe anteporre le esigenze urgenti di milioni di italiani alle contese di partito, evitando tempi lunghi per le scelte dello Stato (in “finanziaria” gli investimenti per la Sanità sono rilevanti, ma ancora al di sotto delle richieste drammatiche di medici, infermieri, degenti…).
Il premier Conte e il ministro dell’Economia Gualtieri, se il Recovery fund tardasse troppo e il Mes non si sbloccasse, dovrebbero parlare chiaro ai cittadini, disposti a sacrifici, ma nella chiarezza, senza vincoli di partito. Nelle banche crescono i depositi, ma l’ultima asta dei Btp-Futura non è andata benissimo: è un segnale da prendere in considerazione, anche se lo spread – fortunatamente – resta ok.