A proposito e a sproposito, quest’anno si parla molto di più del Natale rispetto agli anni passati. È una delle tante conseguenze della pandemia.
Il tempo, come per le altre conseguenze che ci stanno facendo diventare diversi da come eravamo prima, ci dirà se sarà stato un bene oppure no. Talvolta mettere sul piatto molti argomenti, soprattutto contrastanti tra loro, può essere l’occasione di capire meglio e fare chiarezza.
Da cosa nasce cosa, e non siamo certo noi a mettere limiti alla Provvidenza, perché per tracciare nuovi percorsi è necessario individuare le mete da raggiungere e allargare gli orizzonti.
Il Natale, dunque, quest’anno fa discutere, fa litigare, fa preoccupare per ciò che si potrà fare – dalla Messa al cenone, per citare gli argomenti più gettonati -, fa saltare fuori ciò che si conosce di questa festa e ciò in cui si crede: chi l’aspetto religioso, chi quello ludico e commerciale, e chi riesce a farne un mix, tanto da tenere bene i piedi nelle due situazioni.
Come sempre i social ci buttano in faccia ciò che noi siamo; basta scegliere da che parte stare, e ce n’è per tutti. Sciuperemmo un’occasione se non riuscissimo a ricavare del bene anche in una situazione così drammatica, perdendoci in chiacchiere. Ancor più perché è Natale, che a qualcosa deve servirci e al quale qualcosa dobbiamo rispondere.
La ricetta per fare barriera alle chiacchiere e alle preoccupazioni per cosa potremo o non potremo fare a Natale, l’ha dettata Papa Francesco alla fine dell’Angelus di domenica scorsa, tracciando il cammino dell’Avvento che è la strada che prepara e conduce al Natale. “Sobrietà, attenzione discreta e rispettosa ai vicini che possono avere bisogno, e qualche momento di preghiera fatta in famiglia con semplicità”.
Meglio di tante ciance, non vi pare?