Insegnava loro come uno che ha autorità

IV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

(Elisa Moro)

“La sua parola aveva autorità” (Lc. 4, 32) “E chi ti ha dato questa autorità?” (Mt. 21,23).

Il Vangelo di questa domenica rappresenta l’inizio di quella che viene definita la “giornata di Cafarnao”, l’insieme di più episodi della vita di Gesù riuniti in un’unica scena, quella del giorno di sabato nella piccola città, il cui nome significherebbe “campo di consolazione” (San Girolamo, Comm. Ev. II), dove abitavano Pietro e suo fratello Andrea.

Parola e ascolto, questo è un primo binomio su cui riflettere in questa liturgia domenicale.

“Gesù si mise ad insegnare”: la “parola è molto vicina a te” (Dt. 30, 14); il Verbo, da cui “furono fatti i cieli” (Sal. 33, 6) si fa udire con la voce di un uomo, il figlio del falegname di Nazareth, che si reca nella sinagoga, perché quello è il luogo dove si poteva maggiormente evangelizzare.

Da quest’immagine deve ripartire la “nuova evangelizzazione della Chiesa”, usando le parole di San Giovanni Paolo II, non rivolta a coloro che già ascoltano Cristo o frequentano la Chiesa, ma attraverso una straordinaria fantasia missionaria, avvicinando in contesti concreti, e attraendo a Cristo coloro che ancora non hanno levato lo sguardo al Suo invito.

Affinché questa Parola possa essere riconosciuta nelle “sinagoghe” odierne, spesso virtuali, è necessario un recupero dell’equilibrio tra il silenzio e la parola. Si assiste, sempre più, ad un autentico bombardamento da parte del mondo mediatico, al punto che l’uomo riceve continuamente “risposte a quesiti che egli non si è mai posto” (Messaggio alle comunicazioni sociali, 2012).

È necessaria la libertà del cuore, che è quella che caratterizza anche l’insegnamento del Figlio di Dio: “insegnava come uno che ha autorità” (Mc. 1, 22). Ecco un secondo aspetto: di quale autorità si parla? Certo, quest’autorità è confermata anche dal gesto di liberare un indemoniato (Mc. 1, 26).

Vi è tuttavia un significato più profondo: la parola autorità deriva dal latino augere, far crescere. È alla base di una profonda educazione, anche a livello ecclesiale: l’autorità passa attraverso la presenza, l’esserci colmo di significato.

Nel “Sistema preventivo” di San Giovanni Bosco, si legge che, senza prossimità, non può esserci conoscenza. È perciò la presenza autorevole dell’educatore a riempire di valori, a rimandare a Colui dal quale si è amati. L’autorità divina è dunque un atto dato dall’Incarnazione; “è la sovranità che qui si abbassa alla forma di servo” (Guardini, Il Potere, Brescia 1999).

(Mc 1,21-28) In quel tempo, Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, [a Cafàrnao,] insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi. Ed ecco, nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito impuro e cominciò a gridare, dicendo: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!». E Gesù gli ordinò severamente: «Taci! Esci da lui!». E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!». La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.