(Fabrizio Dassano)
Il frate barnabita Pietro Monte, scienziato precursore della moderna meteorologia e creatore dell’asilo fröbeliano di Tonengo di Mazzè, era nato in quel paese il 21 agosto 1823 ed era il 94° bambino che aveva visto la luce in quell’anno! I genitori erano Giuseppe del fu Giovanni e Cristina del fu Matteo Rosso. Figlio di contadini proprietari terrieri abbracciò l’ordine dei padri barnabiti come regolare.
I chierici di San Paolo erano un ordine religioso fondato intorno al 1530 da alcuni gentiluomini milanesi all’Oratorio dell’Eterna Sapien-za, un cenacolo della riforma pre-tridentina. Dal ‘600 si dedicarono allo studio e all’insegnamento scolastico. Soprattutto con la soppressione della Compagnia di Gesù nel 1773, i barnabiti subentrarono a loro quasi completamente nell’insegnamento, con la parentesi sospensiva del periodo napoleonico. Studiò a Torino presso il collegio di San Dalmazzo sotto l’insegnamento del superiore generale padre Alessandro Teppa, già rettore del Real Collegio Convitto di Moncalieri, il cui opuscolo: “Avvertimenti per gli educatori ecclesiastici della gioventù” fu un testo che Don Bosco lesse e lo fece leggere ai suoi. Pietro Monte riceverà gli ordini minori a Perugia il 17 dicembre 1842. L’ordinazione sacerdotale di Pietro Monte, all’epoca appartenente al collegio di San Cristoforo, avverrà a Vercelli impartitagli dall’arcivescovo Alessandro d’Angennes il 18 settembre 1847.
A Parma, all’età di 25 anni, fu “dottrinato” maestro di Fisica dal padre generale dell’ordine barnabita Francesco Caccia al borbonico Real Collegio “Maria Luigia”. Fu insieme ad un elevato gruppo di docenti un faro per i giovani studenti che così lo ricordavano alla fine dell’anno 1853: “…ma il dovere abbandonare quest’anno il beneamato Professore che saggio ed amoroso ci iniziava nelle scienze di Matematica e Fisica, men bello fa sembrarci questo giorno…” E ancora: “ la scienza nella quale più che in ogni altra si mostra quanto mai possa l’intelletto umano. Assicurare il cammino ai naviganti, rivelare la legge a cui obbedisce l’universo in movimento, rapire la folgore al cielo, scorrere sulla terra colla velocità del baleno, sono opera sua”. A 32 anni ottiene, a titolo d’onore, la cattedra di Matematica e Fisica senza stipendio alla Regia Università degli Studi di Parma. I contatti con Tonengo sono costanti, dalle lettere vi sono le preoccupazioni per i creditori, per i raccolti, per i vitigni.
Alla sorella Anna scrive: “Mi hai detto che hai abbandonato l’idea di quel matrimonio: in questo affare sei totalmente libera, fa quel che vuoi: io non intendo certamente di obbligarti in nessuna cosa (…) Ricordati per altro di raccomandarti al Signore che ti aiuti, perché in materia di castità gli spropositi si fanno facilmente.” Più arrabbiato invece nei confronti del fratello che ha abbracciato la carriera delle armi nell’esercito del re di Sardegna: “Fedele mi parla del suo matrimonio; mi spiace moltissimo che non me ne abbia parlato prima e mi dispiace molto di più il mestiere che ha pigliato (…) mi spiace molto che sua moglie stia in mezzo ai soldati che generalmente parlando sono scostumatissimi e porci.” Ma ormai il fratello è di stanza a Chambèry come caporale dei bersaglieri. Pietro Monte lasciò Parma nel 1855 dopo sei anni di permanenza, per Livorno, la città portuale della Toscana e andrà a vivere nella casa dei barnabiti di San Sebastiano e a insegnare al Liceo che diventerà poi il famoso “Niccolini-Guerrazzi” in cui si insegnava “a sentire e scrivere italianamente” a futuri poeti, narratori, pedagogisti, patrioti, musicisti e vescovi come Marradi, Fucini, Mayer Guerrazzi, Mascagni del Corona.
In quel Liceo, oggi ancora esistente, vi è il suo Osservatorio meteorologico che impiantò fin da subito in due stanzette sul tetto dell’edificio: in 4 anni effettuò e commentò 70.000 misurazioni meteorologiche. I dati raccolti erano inviati al museo di Firenze ma l’esercito francese si accorse presto del suo lavoro e gli arrivò il danaro dall’Osservatorio Imperiale di Parigi per trasmettere quotidianamente le sue misurazioni via telegrafo e acquistare nuovi termometri, igrometri, barometri e anemometri. Insieme ad altre tre stazioni italiane, Pietro Monte stava realizzando il metodo sinottico di rilevamento per creare la prima rete internazionale di scambio dei dati, nata anch’essa per scopi militari: nel 1854 una furiosa tempesta aveva affondato parecchie navi da guerra anglo-francesi impegnate nel Mar Nero per la guerra in Crimea e si era capito che le perturbazioni nascono, si spostano e poi si esauriscono, non a caso.
Lezioni e correzioni dei compiti e poi la vita trascorsa tra gli strumenti per misurare il tempo meteorologico per trentadue anni! Ma trova pure il tempo per occuparsi della questione greca scrivendo sulla “Gazzetta di Livorno” e il “Nuovo Cimento” o confutare le idee balzane di uno studioso di terremoti, tale Mercalli… impiantando un grande sismometro a pendolo a Livorno. Progetta e porta all’esposizione Universale di Parigi del 1867 una nuova valvola regolatrice della pressione del vapore, ha rapporti ancora sconosciuti con il Quartier Generale dell’U.S. Army a Washington D.C. durante la guerra di Secessione e con lo Smithsonian Institution sempre di Washington.
Negli ultimi anni di insegnamento al liceo livornese (in cui sarebbero passati poi Modigliani e Marconi), Monte avrà un collega di Latino e Greco che si chiamava Giovanni Pascoli. Fu membro onorario di molte accademie e circoli e tenne rapporti di amicizia e di studio con il Secchi, con lo Schiaparelli, con Pietro Tacchini e con alcuni membri del Collegio di Francia.
Pietro Monte proseguì la sua attività presso l’Osservatorio Meteorologico e come insegnante di scienze fisiche fino a quando, raggiunto il collocamento a riposo, decise di donare il suo laboratorio al Comune di Livorno. Ma il suo aver sempre vissuto lontano da casa lo spinse a ideare e realizzare un suo progetto: utilizzare “il palazzo”, la grande casa colonica della famiglia, per farne un asilo per l’educazione morale dell’infanzia secondo il pensiero del pedagogo Friedrich Fröbel che riassumiamo in due aspetti fondamentali: il valore dell’infanzia come epoca autonoma e
l’importanza del gioco, vera espressione libera dell’intera personalità del bambino.
Nel 1880 il professore si scatena: trasforma la casa di famiglia in un asilo, spedisce casse di oggetti, animali impagliati, minerali, giochi in legno, della ditta Paravia di Torino, fa interrare una pietra con il punto terrestre dell’asilo personalmente determinato a sestante, fa spedire un piccolo cannone in bronzo per le feste dell’Asilo e una campana. Istituisce un consiglio d’amministrazione in cui siede come vice-presidente il sindaco Carlo Cucatto, e ottiene con la firma del presidente del Consiglio dei Ministri Depretis, il decreto di erezione dell’Asilo dato dal re Umberto I a Monza il 19 luglio 1883. Ma Pietro Monte non vuole insegnanti religiosi per Tonengo, bensì laici e bandirà un concorso da maestra vinto da Laura Gaio di San Giusto Canavese per l’anno 1882: “Domenica, giorno 1° di ottobre, dopo la Messa Grande cominceranno le ammissioni dei Bambini e delle Bambine all’Asilo Infantile. I parenti si presenteranno all’Asilo per far scrivere i loro Bambini, se vogliono approfittarsene.
Siccome l’Asilo non ha ancora entrate sufficienti, i Bambini non ricchi pagheranno un centesimo e mezzo per loro mantenimento, i più ricchi pagheranno quattro o cinque centesimi al giorno. Tutti i Bambini dovranno avere corredo eguale: questo corredo è composto di una Cappina, due fazzoletti, due tovagliolini ed un panierino; tutto il corredo costa 58 soldi e lo provvede l’Asilo che si aprirà il giorno 5 ottobre. Tonengo 29 settembre 1882, il Presidente dell’Asilo, Pietro Monte.” All’articolo 1 dello statuto si leggeva: “È istituito in Tonengo-Mazzè, Provincia di Torino, un Asilo infantile per la custodia e l’educazione dei bambini di ambo i sessi e specialmente della classe povera.” Al punto 3: “Ai bambini viene somministrata giornalmente una buona e abbondante minestra; viene loro impartita educazione intellettuale, morale e fisica adatta alla loro capacità.” Al punto 22: “I premi e le punizioni, che si permettono nell’Asilo, sono esclusivamente d’indole morale. È severamente vietato il percuotere i bambini e pronunciare parole ingiuriose contro di essi.”
E al successivo: “Le punizioni sono leggiere e di breve durata. Benché piccoli, bisogna far loro conoscere il male che fanno e il gastigo che meriterebbero, e persuaderli con carità cristiana ed urbanità di modi, a correggersi ed essere buoni.” All’articolo 32: ”Il Medico locale (e per questo è membro nato) deve visitare l’Asilo una volta per settimana ed in casi speciali anche più spesso e sorvegliare all’igiene dei bimbi, del vitto e del locale.” Il regolamento era firmato da Olivero Francesco, Rosso Francesco, David Donato Olivetti, dall’avvocato Alessandro Delgrosso, da Piretto Giuseppe, Thione Giovanni, Ponsetto Luigi e Thione Giorgio.
L’asilo ebbe subito un grande successo con 100 iscritti alla prima tornata. Sarebbe durato ancora a lungo quando nel 1985 entrò nel novero dei beni del Comune di Mazzè, ha ospitato i bambini delle famiglie tonenghesi fino al giugno 2010 quando la scuola Materna è stata spostata in un nuovo plesso.
Pietro Monte morì in una notte drammatica a Livorno il 4 maggio 1888. Sarebbe partito pochi giorni dopo definitivamente per Tonengo. A precipitarsi per primo fu il preside del Liceo Niccolini, il professor Ottaviano Targioni, che informò l’avvocato Capuis, già legale del professore a cui aveva affidato il testamento segreto in cui tutti i beni erano lasciati all’Asilo e il laboratorio Meteorologico al comune di Livorno. Il telegramma arrivò agli amministratori dell’Asilo a Tonengo l’8 maggio che inviarono Giovan Battista Perinetti, avvocato dello studio del notaio Alerino Piccatti con la delega degli interessi dell’Asilo.
Calato in quella realtà, fu circondato da creditori veri e falsi e da brutti pensieri. Così scriveva il 17 maggio 1888: “…ho potuto rilevare che a questo mondo c’è della canaglia così indegna, che dopo aver vendute la coscienza e la famiglia ha anche il pudore di proporre con una sfacciataggine schifosa un credito di lire 100, dichiarando che il professore ha incassato dal Municipio di Livorno l’assegno semestrale e che questi non ha pagato nessuno, neppure lui che colle succhie figlie hanno sempre succhiato il povero padre, come risulta dalle note manoscritte di lui. Il Professore colto da grave malore alle 9 di sera del giorno 3, dopo una notte d’inferno e di dolori orribili, atroci, strazianti, l’indomani verso l’una moriva. Tosto il preside del Liceo Niccolini chiamava alla camera del morto un legale e una guardia e poi scriveva un telegramma urgente perché venisse spedito a Mazzè, ma il Vanini a cui fu consegnato per la spedizione alle 4 lo aveva in tasca. Il professore tra le cose a lui appartenenti non ha nemmeno una valigia o una borsa di cuoio, e ciò mi induce a sospettare; perché era per preparare le valigie e venire a Mazzè e appena il Municipio gli avesse liquidata la pensione. Io temo che gli possano essere stati involati molti oggetti e di molto valore (…) Ciò che vengo dicendo non costituisce che un semplice indizio e poi si hanno tutti i diritti di essere diffidenti massimo quando la morte capita così improvvisa sulle spalle…”.