(Filippo Ciantia)

Il mio arcivescovo Mario è di casa. Nei tempi “forti”, in avvento e ora in quaresima, tutte le sere, puntuale come un treno (quelli di una volta: oggi spesso non è più così), alle 20.32, entra nel nostro salotto, dove ci riuniamo in attesa della sua parola. Nel periodo dell’esodo, la Quaresima, avvolti dalle notizie quotidiane di tanti morti e malati, nello strazio del dolore, l’arcivescovo Mario ci porta l’epiousios. Il pane quotidiano, il nutrimento dello spirito che ci permette, anche se le forze scemano, di riprendere il cammino verso la Pasqua di resurrezione, attraverso il sacrificio misterioso di questi tempi. Si presenta sullo schermo della Tv in ambienti evocativi: in una mensa popolare, a tavola con una famiglia, nel cenacolo leonardesco.

Quando l’arcivescovo si è presentato nella panetteria milanese di Maria Marinoni, ho ricordato con commozione il fratello di lei Antonio, soprannominato il “sciur michetta”, che aveva esportato in Guatemala l’arte di fare il pane, aiutando poveri campesinos ad avviare piccole attività imprenditoriali. Diventato console del paese centramericano, voleva raccontarne i progetti di solidarietà all’Expo.

Antonio era mancato ad alcune riunioni programmate, senza dare notizia. Era strano, dopo anni di lavoro comune. Ci siamo rivisti all’inizio di novembre del 2011. Si presentò con il volto segnato da un ematoma e varie escoriazioni. Il figlio, un mese prima, aveva avuto un grave incidente automobilistico ed era ricoverato, gravissimo, in ospedale.

“Mi sentivo impotente e disperato: allora mi sono buttato nelle braccia di Maria, andando in pellegrinaggio a Medjugorje. Salendo la sassosa e aspra collina che porta alla grande croce, sono caduto come nostro Signore, faccia a terra e ho versato sangue e sentito il dolore della mia croce che portavo alla Madre. Le ho affidato mio figlio, offrendo me!”. Poi un momento di silenzio. “Sono tornato a casa e mio figlio era fuori pericolo: che grazia!”.

Era venerdì. Nella notte di domenica il Signore lo avrebbe chiamato a sé, nel sonno. Antonio aveva donato veramente e misteriosamente tutta la sua vita per il figlio.

Entrando nella settimana autentica, ricordando quel volto ferito di Antonio, riesco a guardare meglio e intensamente il volto di Cristo sulla croce.

Per potermi presentare a Dio, devo anch’io salire il colle della croce.