(Editoriale)
Vorremmo buttarcela dietro le spalle, dimenticare la pandemia. Siamo tutti psicologicamente provati e stanchi di questa sorta di clausura, di regioni dai colori cangianti, del puoi e non puoi: ma il momento di chiudere la partita col virus non è ancora arrivato.
I trentamila in piazza Duomo a Milano per festeggiare lo scudetto atteso da troppi anni, qualche assembramento su e giù per lo “stivale” farebbero pensare, invece, il contrario. Questi e altri episodi, gravi per l’assenza di rispetto delle regole ancora in vigore, non fanno altro che alimentare la rabbia popolare per i mancati controlli di chi vi è preposto, la rivalità tra i ligi e i menefreghisti, il pensiero di quanto poco riguardo vi sia per le migliaia di morti, l’incertezza di un futuro prossimo, semmai gli esperti avessero ragione nel dire che gli effetti nefasti di quei trentamila in piazza li vedremo tra quindici giorni. Speriamo che si sbaglino, ma il timore c’è.
Quelle sregolatezze di piazza, i cortei disordinati di protesta contro il coprifuoco, gli assembramenti notturni a suon di bottiglie di birra, contrastano ferocemente con chi si batte – e si dibatte – per riaprire: ristoratori, baristi, commercianti, artigiani e pubblici esercenti per i quali ancora oggi valgono rigorosi limiti e restrizioni. Sull’orlo del fallimento, come possono sentirsi di fronte a uno Stato che non riesce a contrastare queste manifestazioni pericolose per la ripresa del contagio, ma che si accanisce contro chi ha a cuore di aprire e ha fatto enormi sacrifici in investimenti per la sicurezza?
L’Italia riparte dal turismo, la cui stagione è alle porte e i tempi sono stretti. Il pass verde italiano dal 15 maggio – stando agli annunci –, e quello europeo da inizio giugno, che forse non hanno ancora rivelato tutte le loro contraddizioni, ma sono presentati come la soluzione ideale per poter girare garantendo di non infettare gli altri e di non esserne infettati, saranno imposti e controllati anche per le prossime feste di piazza non autorizzate, per i cortei e gli assembramenti notturni oltre l’ora consentita? Oppure dobbiamo assuefarci a una specie di zona franca, sgombra da doveri e da controlli?