(Filippo Ciantia)

30 luglio 2008. Era sera ad Entebbe, ed iniziava, tra i migliori auspici, uno dei tanti lunghi viaggi dall’Uganda. Ci raggiunge, in coda per il check in, il manager della Brussels Airlines. Divenuti amici attraverso la scoperta della comune partecipazione dei figli alla Kids League (torneo locale giovanile di calcio e altre discipline), ci invita alla lounge Business: voleremo nella classe mai frequentata e ora a nostra disposizione per la prima volta dopo tanti anni.

Poco prima dell’imbarco, riceviamo una telefonata che annuncia la triste notizia della salita al cielo, nella stessa giornata, di due grandi amici: Alberto, dopo una lunga e sofferta malattia; Andrea, per un improvviso e fatale infarto.

Per mia moglie Luciana e per me, Alberto era stato il primo vero maestro di Medicina. Nelle corsie del Padiglione Sacco ci insegnò con maestria come visitare i pazienti, cogliere le diagnosi e impostare le terapie; ma, soprattutto, come essere medico attento e rispettoso, capace di interpretare, sapientemente, i segni del corpo per capire il male e, allo stesso tempo, di avvicinare l’anima della persona, i suoi sentimenti, le paure e le domande nascoste e profonde.

Nei laboratori, abbiamo visto Alberto seguire i suoi maestri, Zanchetti e Mancia, cogliendo l’importanza e la precisione della ricerca volta a rendere migliore la vita dei malati cardiologici. Una scuola di scienza e di vita, nella quale Alberto ci accompagnò anche ad amare la Chiesa, facendoci partecipi della sua vita affettiva, familiare e della sua passione sociale e cristiana. Per questo ci accompagnò come testimone di nozze di Luciana.

Andrea, compagno degli intensi e appassionanti anni universitari, sin dalla giovinezza totalmente dedicato a Dio, missionario laico in Perù, insegnava all’Università Cattolica ed era instancabile presenza tra i giovani dei quartieri poveri delle periferie di Lima. Amico di intellettuali famosi e di umili persone, ma soprattutto dei giovani, faceva ardere il cuore di chiunque accostasse della passione per Gesù e la Chiesa. Si è già aperta la causa per la sua beatificazione quale Servo di Dio.

Persone determinanti per la vita nostra personale, per tanti amici e per la chiesa. Secondo la promessa, hanno risposto a Dio e lo hanno servito, in santità e giustizia, in tutti i loro giorni.