All’indomani di una ulteriore stretta – annunciata – sull’uso del passaporto verde come metodo coercitivo per obbligare a fare ciò che di per sé obbligatorio non è, il vaccino, salgono i toni della polemica. Ma soprattutto cresce l’intensità del conflitto tra pro e contro, cresce lo scontro, la caccia e la voglia di punizioni esemplari per chi diserta la vaccinazione.
Crescono le minacce in ambito sociale, scolastico, lavorativo. Si accentua quella pericolosa opposizione tra due fazioni opposte, che non prelude a nulla di buono.
È scoppiata quella che alcuni chiamano una “miniguerra civile” che ha, purtroppo, terreno favorevole per dilagare, nutrita da una informazione tramutatasi in pubblicità sovvenzionata e, quindi, a senso unico. Salvo poche ma insufficienti eccezioni. La pubblicità a pagamento aveva (e ha) il compito di “spingere” un prodotto magnificandone le qualità.
Ma l’informazione, quella, avrebbe dovuto continuare a fare il suo mestiere di approfondimento ed inchiesta, fuori dalle logiche della sponsorizzazione di un prodotto, tale da offrire alla gente un quadro il più completo possibile per essere poi in grado di farsi un’opinione e posizionarsi di conseguenza.
Il tentativo di politici e media di descrivere come terroristi e criminali tutti quelli che si oppongono al passaporto verde (confondendoli volutamente con i no-vax, che non sono sempre e comunque la stessa cosa) è irrazionale.
Ci vorrebbero più tempo e più spazio per capire le ragioni che ci hanno trascinato in questa valanga di odio e di violenza verbale e fisica, usate non solo dalla gente di strada. Chi sta cercando di capire non trova spazi per manifestarsi; i tanto criticati social, per chi li usa con disciplina, eleganza, correttezza, sono tra i pochi che stanno aiutando a mettere sul piatto della bilancia alcuni elementi chiarificatori di conoscenza e di discussione, occultati invece altrove. Ma il compito è arduo.
I pochissimi, e sempre ingiustificabili, atti di violenza non cancellano la realtà di chi si batte contro la vaccinazione coatta e indiscriminata, l’informazione pilotata, il panico indotto, la delegittimazione, piuttosto che il confronto ragionevole e ragionato che l’establishment continua a non volere, a rischio di risentimenti e divisionismo.