(Cristina Terribili)
Il primo giorno di scuola è arrivato, per tutti. Sui social si è passati dalle foto di panorami estivi a quelle di tanti “gnomi” con la nuova divisa scolastica, sorridenti per l’occasione e con tanti cuoricini a commento. Davanti alle scuole – più realisticamente che sui social – si sono ritrovati amici, le facce più o meno rassicuranti di un piccolo mondo esclusivo e focale nella vita di ogni persona, dove si apprendono conoscenze accademiche e umane, dove si impara a diventare grandi, a scegliere e possibilmente anche a pensare.
Come ogni piccolo mondo, la scuola ha da sempre criticità e risorse: queste ultime restano in numero maggiore delle prime, perché continua ad essere quel luogo che – se si strutturano relazioni solide, se viene stimolato l’entusiasmo per una o più materie, se viene messo a fuoco un obiettivo da portare avanti nel futuro – è davvero in grado di salvare la vita.
L’importanza della scuola, come istituzione e come luogo di incontro, viene sottolineata come uno dei fattori protettivi contro il suicidio. Alcuni studiosi, tra cui il professor Siracusano, mettono l’accento sulla “povertà vitale”, un impoverimento che va al di là di quello economico o sociale, e che si sostanzia con la mancanza di conoscenze culturali, nelle relazioni sfilacciate ma anche di basso profilo, della mancanza di affetti, la perdita o la mancanza di valori a sostenere il senso di un’esistenza. Alla spinta vitale tanto quanto alla povertà vitale concorrono elementi propri della famiglia e dell’ambiente in cui si vive, ma soprattutto la scuola, in quanto fucina della capacità di stare al mondo.
A scuola il bambino prima e l’adolescente poi, apprendono come autoregolarsi, sperimentando la connessione tra il proprio agire e gli effetti che questo produce. Per questo abbiamo bisogno di una scuola che abbia in sé persone ed ambienti capaci di far sviluppare queste congiunzioni. L’autostima e, ancora di più, l’autoefficacia, si concretizza non perché dall’esterno qualcuno dice al bambino che è bello, buono e bravo, ma grazie all’esperienza che il bambino fa, attraverso un focus interno che gli consente di autoregolare il proprio sé.
Una scuola capace di permettere che questo circuito si realizzi, con una certa fluidità, è una scuola che incoraggia nella scelta degli obiettivi, che insegna come monitorare da soli le emozioni, conoscenze, competenze; come pianificare, strategicamente, strade che portino a risultati migliori. Un percorso di questo tipo, non stimola la competizione verso gli altri, ma con se stessi: una delle migliori gare che una persona può fare, perché sprona al miglioramento progressivo, al raggiungimento di un benessere interno nella consapevolezza dei propri bisogni come individuo e come persona inserita in contesti vieppiù complessi.
La scuola favorisce l’apprendimento delle esperienze anche attraverso l’esempio degli altri; per questo il tornare a scuola è tanto importante, condividere nuovamente lo stesso banco, la stessa aula, guardare dal vivo quello che accade intorno, è fondamentale per uno sviluppo armonico del ragazzo. La presenza degli amici, l’accettare la sfida del cambiamento, la capacità di essere squadra, di essere l’uno per l’altro, è sperimentata quasi esclusivamente nella scuola, per il tanto tempo che ogni studente vi passa all’interno.
Una scuola di successo si valuta non sulla media dei voti, parametro quantomeno selvaggio, ma sui successi che tutti raggiungono alla luce degli obiettivi perseguiti, alla consapevolezza che ogni studente può conquistare conoscendo se stesso e gli altri, sulle riflessioni che è in grado di fare sulla sua persona, sui legami che è in grado di stringere, perché la maggior parte di questi dureranno, intimamente, per tutta la vita.