(Mario Berardi)

Il G20 di Roma ha rafforzato il premier Draghi per i risultati ottenuti, anche se parziali, e soprattutto per la credibilità internazionale assunta dall’Italia, anche grazie al presidente Mattarella. Oggi, nel vuoto lasciato dalla Merkel, Roma può assumere un ruolo di primissimo piano sullo scacchiere europeo e occidentale, con l’affermazione del multilateralismo e l’emarginazione delle spinte sovraniste: la lotta al Covid, la stabilità finanziaria, la lotta per il clima sono obiettivi realizzabili soltanto in una dimensione globale.

Questo contesto politico è un po’ oscurato dalle ombre sul Colle emerse dal voto del Senato sul ddl Zan sull’omotransfobia: il Parlamento è spaccato, con Montecitorio al centro-sinistra, Palazzo Madama al centro-destra. Una situazione di stallo che nelle votazioni per il Quirinale, fra tre mesi, potrebbe determinare una paralisi, com’è avvenuto nel 2013. L’allora segretario del Pd Bersani, colpito dai franchi-tiratori (101) che affossarono la candidatura di Romano Prodi, ha già lanciato l’allarme, chiedendo ai parlamentari di “non bruciare” la figura di Mario Draghi. Per uscire dall’impasse è tuttavia necessaria una vasta intesa destra-sinistra, su Mattarella, Draghi o un’autorevole figura terza. Ma oggi siamo ancora alle baruffe quotidiane, con i parlamentari che premono per una scelta che eviti le elezioni anticipate.

Sul ddl Zan il Pd e la Lega hanno mutato posizione dall’estate all’autunno: il segretario Letta era per la difesa integrale del testo, salvo accettare modifiche alla vigilia del voto; a sua volta Salvini, dialogante a luglio, è divenuto intransigente per la concorrenza con la Meloni e ha presentato, con Calderoli, l’emendamento-tagliola che ha bloccato tutto. Ma su norme così delicate, di alto contenuto etico, non dovrebbe prevalere una visione strategica e non tattica? E cosa dire dell’eterno duello Renzi-Letta, anche sulla matrice dei franchi-tiratori?

Nel merito del ddl Zan, dopo il voto l’editorialista de “La Stampa” Marcello Sorgi, pur scrivendo su un foglio schierato a favore, ha sottolineato l’opportunità di modifiche per la genericità e l’incertezza di alcune norme, in primis l’identità di genere con il tema collegato del “sesso percepito”. Tesi analoghe, da mesi, sono sostenute dall’eminente giurista Giovanni Flick, che ha parlato di definizioni vaghe e approssimative; nel mondo femminista è aperto il contrasto tra chi ritiene l’identità di genere una conquista e chi, all’opposto, la considera una nuova forma di emarginazione.

Autorevolmente Papa Francesco aveva esortato a non confondere la condizione omosessuale (una realtà) con l’identità di genere (una finzione). A sua volta il presidente della Cei card. Bassetti ha rilanciato l’esigenza di un dialogo aperto e non pregiudiziale, anche con la partecipazione dei cattolici. Per ora il ddl Zan resta fermo sei mesi in commissione, poi si vedrà (se non interverrà lo scioglimento anticipato delle Camere).

Sul fronte politico appare invece migliore l’iter della legge di bilancio statale per il 2022. Il Governo, grazie al miglioramento del quadro economico, ha elevato gli stanziamenti a 30 miliardi, almeno 12 dei quali dedicati al taglio delle tasse. Su questo tema le forze politiche e sociali potranno portare correttivi, anche sostanziali: questa concreta possibilità ha indotto i sindacati a una mobilitazione morbida, nonostante il superamento della quota 100 per le pensioni. D’altra parte, perdurando la pandemia, uno sciopero generale non sarebbe stato compreso dall’opinione pubblica; va inoltre evitato, in materia pensionistica, lo scontro giovani-anziani, tra garantiti e senza-tutela.

Nelle forze politiche, infine, proseguono i contrasti interni. Nei pentastellati Grillo e Di Maio mal sopportano la leadership di Conte e tendono a differenziarsi, anche nel giudizio sul G20. Nel Pd, mentre Letta persegue una “maggioranza Ursula” (senza Renzi), la componente moderata di “Base riformista”, guidata dal ministro Guerini, non vede alternativa alla linea dell’unità nazionale, anche per l’indisponibilità dei centristi (Calenda) ad alleanze politiche con i Grillini.

Nel centro-destra continua lo scontro tra Salvini e i ministri forzisti Brunetta, Carfagna, Gelmini: i “governisti” non credono alla candidatura di Berlusconi al Quirinale e non apprezzano l’intesa con Salvini, che continua a inseguire i sovranisti (ultimo caso quello del presidente brasiliano Bolsonaro, accompagnato dal segretario della Lega nella sua visita in Italia); anche Giorgetti è apparso critico con il proprio segretario.

Molte fibrillazioni, con un quadro politico sempre debole e diviso.