E’ aperta al pubblico da giovedì 22 marzo – e lo resterà fino al 4 novembre prossimo – la mostra dal titolo Carlo Alberto archeologo in Sardegna, visitabile presso il Museo di Antichità dei Musei Reali di Torino, che racconta attraverso 150 opere un lato inedito del re, conosciuto attraverso i libri di Storia principalmente per aver concesso nel 1848 lo Statuto che porta il suo nome, firmando quella sarebbe diventata la prima carta costituzionale italiana.
La mostra prende infatti le mosse dalla passione per l’archeologia di Carlo Alberto, re di Sardegna, che tra il 1829 e il 1843 partecipa personalmente ad attività di scavo nell’isola. È così che arrivano a Torino bronzi e vasi in ceramica, suddivisi tra il “Gabinetto privato di Sua Maestà”, il Museo di Antichità, l’Armeria e il Palazzo Reale, oggi riportati in luce dai depositi dei Musei Reali e oggetto di restauri e nuovi studi.
Il sovrano non fu solo uno dei primi reali a essere parte attiva in scavi archeologici, ma la sua passione lo spinse a finanziare ricerche, oltre che in Sardegna, anche in Piemonte, nelle città romane di Industria e Pollenzo. Sull’isola partecipa ai lavori entusiasticamente traendo lui stesso dal terreno i reperti e, tra questi, anche un falso che fece interrare il famigerato direttore del Regio Museo di Cagliari, Gaetano Cara, ideatore della truffa che portò centinaia di bronzetti in molti importanti musei, come quello del Louvre, a Roma, a Lione, a Catania, a Cagliari e naturalmente – in occasione della mostra – anche ai Musei Reali.
A questo nucleo si aggiungono importanti reperti provenienti dalla Sardegna acquisiti grazie all’interesse collezionistico dei Savoia, come il mosaico di Orfeo, da Cagliari (1763), e le stele puniche già esposte nel 1764 nel Regio Museo torinese, o una celebre base di colonna con iscrizione in latino, greco e punico, da San Nicolò Gerrei (1861) e il nucleo di fibbie bizantine parte delle collezioni di Bartolomeo Gastaldi (prima del 1895).
La mostra Carlo Alberto archeologo in Sardegna è stata curata da Gabriella Pantò, direttore del Museo di Antichità, con la collaborazione di Raimondo Zucca dell’Università di Sassari. I prestiti provengono dal Centro Studi Generazioni e Luoghi – Archivi La Marmora – Biella. Il catalogo è di 180 pagine dalle edizioni Nautilus.