(Mario Berardi)
Dal muro contro muro al dialogo: questo appare lo scenario politico alla vigilia del voto per il Quirinale. La candidatura divisiva e dirompente di Silvio Berlusconi è stata azzoppata anzitutto dal centro-destra: per primo Gianni Letta, da sempre stretto collaboratore dell’ex premier, ha auspicato una soluzione ampiamente condivisa, nella linea di David Sassoli. Salvini e la Meloni, da tempo “freddi” con l’ex Cavaliere, hanno parlato di un nome nuovo, mentre i leader centristi hanno fatto mancare i loro voti, come ha riconosciuto l’onorevole Vittorio Sgarbi, promotore dell’operazione forzista “Scoiattolo”. Il leader di Azione Calenda ha definito “una follia” l’operazione Berlusconi (esattamente come D’Alema), Renzi si è detto disponibile a una candidatura di centro-destra, escluso l’ex premier, Toti ha occhieggiato su Draghi, chiedendo anche il ritorno al sistema proporzionale (contro la Meloni).
In un Parlamento senza maggioranza emerge la consapevolezza di una soluzione autorevole, di garanzia, nel solco tracciato da Sergio Mattarella. I nomi in discussione sono una decina, a cominciare da Mario Draghi; ma la Lega con Salvini, la maggioranza dei Grillini, settori importanti del Pd, l’ala moderata dei “forzisti” preferiscono che l’ex Presidente della BCE continui a sedere a Palazzo Chigi per far fronte alle sfide aperte, tra cui l’attuazione dei piani europei e le riforme in cantiere (a cominciare da quella della Giustizia).
Nei confronti dialettici di questi giorni è anche emersa, plasticamente, la crisi delle aggregazioni: il centro-destra ha candidato Berlusconi nel silenzio-dissenso di Salvini e Meloni; nel centro-sinistra la sponda di Letta per Draghi si scontra con la sostanziale opposizione dei gruppi parlamentari grillini, con l’emarginazione di Conte, mentre il ministro Di Maio è alla ricerca di un nuovo asse con i leghisti, in particolare con il numero due del Carroccio, il ministro Giorgetti. Sullo sfondo della battaglia per il Colle torna centrale il tema della legge elettorale: il proporzionale, oltre che ai centristi, andrebbe bene a Salvini per smarcarsi dalla Meloni e ai Grillini per evitare l’egemonia dei Democratici. Ma per questa riforma occorre un anno di lavoro, senza scioglimento delle Camere (quello che chiedono anche i “peones”).
Emerge nel Parlamento la consapevolezza delle prerogative democratiche (anche per questo è fallita la corsa berlusconiana ai singoli rappresentanti del popolo), insieme alla constatazione di “partiti minori”, con un consenso non superiore al 20%; l’intesa tra diversi è dunque un dovere, per evitare la paralisi istituzionale, com’è avvenuto nei momenti più difficili della vita repubblicana, dal varo della Costituzione al delitto Moro, dalla crisi di Tangentopoli alla nascita della Seconda Repubblica.
In questi giorni d’interviste televisive, un leader autorevole della Prima Repubblica, l’ex premier e segretario Dc Ciriaco De Mita, aveva profetizzato le difficoltà insormontabili di Berlusconi e i problemi di governo di Draghi, ricordando che nel 1985, ancora in epoca di “guerra fredda”, si elesse al primo scrutinio l’onorevole Cossiga, convergendo insieme i “nemici storici”, Dc e Pci. Oggi, in condizioni diverse, interne e internazionali, il metodo invocato da De Mita appare indispensabile, per il bene del Paese, con gli occhi dell’Europa (e dei mercati) rivolti ai mille di Montecitorio.
Permane infine l’extrema ratio: la conferma del riluttante Mattarella, nell’impossibilità di accordo su un nome condiviso, tra gli ex ministri Frattini e Tremonti, la presidente del Senato Casellati, l’ex sindaca di Milano Letizia Moratti, la ministra Cartabia, il giudice costituzionale Amato, il centrista Casini, il commissario Ue Gentiloni, l’ex presidente del Senato Pera.
L’assemblea di Montecitorio è frutto del voto “populista” del 2018 che ha portato in maggioranza i “sovranisti”; ma poi il vento è cambiato, come si è visto a Strasburgo con l’elezione di Ursula von der Leyen, voto recentemente confermato con la nomina della nuova presidente del Parlamento europeo, la popolare maltese Metsola. La prossima settimana il vento europeo potrebbe soffiare sui più alti colli di Roma.