(Graziella Cortese)
Prima dell’uscita ufficiale nelle sale cinematografiche (prevista per il 17 febbraio), il film dedicato al maestro Ennio Morricone sarà proiettato il 29 e il 30 gennaio su tutto il territorio nazionale.
Giuseppe Tornatore con la sua opera ha voluto scrivere una vera e propria lettera d’amore al grande musicista, un omaggio indiscusso che trasporta gli spettatori attraverso la lunga vita del maestro.
Abbiamo così l’opportunità di seguire e attraversare circa 75 anni di storia (anche del nostro Paese e della nostra esistenza collettiva) e conoscere molti aspetti della biografia di Morricone: i sogni di gioventù, i primi arrangiamenti per le orchestrine radiofoniche, il desiderio di vedere la sua musica nel cinema, o ancora l’attività di compositore di musica classica. Vi sono le vicende personali, come l’assoluta centralità della figura paterna che lo indirizza al suono della tromba, e la formazione al conservatorio sulle orme dell’insegnante Goffredo Petrassi. E poi… I lampi di genio e le intuizioni fulminanti, come l’ascolto di un coyote che preannuncia il motivo de “Il buono, il brutto e il cattivo”, o il battere ritmato delle mani sui bidoni di latta che suggeriscono il tema di “Sostiene Pereira”.
Indubbiamente si crea una grande forza evocativa quando si ascoltano parti della colonna sonora di “Mission” o di “C’era una volta in America”. Il film è anche il racconto dell’istinto di canticchiare che aveva Morricone quando si accingeva a un nuovo lavoro, e nello stesso tempo la difficoltà di farsi comprendere totalmente da un regista, il disappunto di non viaggiare sulla stessa lunghezza d’onda. E poi è una storia commovente che arriva fino all’Oscar per la musica di “The Hateful Eight” del regista Quentin Tarantino.
Lo stesso Tornatore ha definito la pellicola “un romanzo” che non insegue il linguaggio cinematografico, ma cerca di avvicinarsi e appropriarsi di quello musicale.