Non è un confessionale. È solo un piccolo negozio. Ma la gente sta vuotando il sacco, esterna, parla tanto e non a vanvera, esprime la sofferenza compressa per due interminabili anni. E lo fa senza pensarci troppo su, laddove trova anche solo uno spiraglio di ascolto attento e di interlocuzione attiva. E adesso che vede un po’ di luce in fondo al tunnel, che il sole tiepido fa già primavera, adesso che gli “spaventatori” allentano la presa e a fronte di qualche crepa che si apre nelle certezze che avevano retto la narrazione di un passato molto prossimo, la gente ritrova la parlantina.
A differenza di due settimane fa, la gente è un fiume in piena; si racconta, pone – e si pone – delle domande, cerca risposte, si preoccupa per il vissuto drammatico di bambini e giovani e per il loro avvenire all’insegna di un passato difficile da dimenticare, stigmatizza la paura. I silenzi, gli sguardi sospettosi, le distanze non solo fisiche, il zigzag per evitare gli altri, quella latente delazione per gli indisciplinati, stanno lasciando spazio a dinamiche di incontro a cui ci stavamo disabituando. Fors’anche i conflitti tra chi ha fatto scelte diverse, davanti agli obblighi imposti, sembrano lentamente cedere. In fondo, le cose si stanno capendo meglio e certi tasselli, non senza difficoltà, tendono a ritrovare il loro posto.
La società comincia a dare segnali di ricomporsi, di riconoscere le cose in una visione meno divisiva. La strada è lunga, ma almeno è stata individuata.
Di grande importanza quel passaggio della lettera di auguri che il presidente dei Vescovi italiani, il cardinale Gualtiero Bassetti ha indirizzato poco dopo la rielezione di Mattarella al posto di Presidente della Repubblica che già occupava nei sette anni precedenti. “Sono certo – scrive il card. Bassetti – che nell’esercizio del Suo alto incarico non cesserà di contribuire al superamento delle disuguaglianze e delle fratture che feriscono il tessuto della comunità nazionale e che sono acuite dall’emergenza pandemica ancora in corso”.
Quanto silenzio attorno a questa dolorosa frattura che, finalmente riconosciuta e portata all’evidenza in un’occasione di così grande prestigio e risonanza, e se riconosciuta, curata e guarita anche da ciascuno nel proprio ambiente di vita, sarà occasione di ritrovata dignità. E quindi di rinascita.