(Mario Berardi)
L’eutanasia contrasta con la Carta costituzionale: con questa motivazione la Consulta ha respinto il referendum proposto dai Radicali per la parziale abrogazione dell’art. 579 del Codice penale che punisce “l’omicidio del consenziente”. Il giudizio della Corte è netto: “a seguito dell’abrogazione non sarebbe preservata la tutela minima costituzionalmente necessaria della vita umana, in generale, e con particolare riferimento alle persone deboli e vulnerabili”.
La nostra Costituzione, varata nel ’47 con l’accordo politico De Gasperi-Togliatti (su alcuni punti, come l’art. 7, l’area laica aveva dissentito), ha espresso una concezione umanitaria “solidarista” e, nello specifico della tutela della vita, ha colto l’influsso dell’umanesimo cristiano, espresso alla Costituente dai “professorini” (Dossetti, La Pira, Lazzati, Fanfani, Moro…).
Di segno opposto, nella linea del libertarismo etico, individualista, si situa la proposta radicale, sostenuta da importanti gruppi mediatici (tv e carta stampata). Ai giudici della Consulta va riconosciuto lo scrupolo della tutela dell’autonomia della Costituzione, nonostante le spinte contrarie di importanti opinion-leaders. Tra l’altro questa Corte si era pronunciata recentemente, con una sentenza discussa, per l’ammissione, in determinati casi, del “suicidio assistito”; dunque una Consulta “laica” che si è fermata di fronte al precipizio umano e giuridico allestito dai referendari, con un assalto a tutto campo al primato della vita. Già da settimane i presidenti emeriti della Corte Flick e Mirabelli avevano sottolineato i rischi di rottura del sistema giuridico, in contrasto con le sentenze della Consulta in materia sanitaria. Come ha scritto il direttore di “Avvenire” “si diceva eutanasia, letteralmente dolce morte, ma si premeditava un’assoluzione laica a chiunque avesse ucciso chiunque altro che avesse invocato la morte”.
Sul delicato confine vita-morte parole importanti sono state dette da Papa Francesco nei giorni scorsi, rivolte a tutti, credenti e non credenti. Ribadito il “no” di Pio XII all’accanimento terapeutico, il Vescovo di Roma ha ricordato la frase “del popolo fedele di Dio, della gente semplice: “lascialo morire in pace”… Dobbiamo però stare attenti a non confondere questo aiuto con derive anch’esse inaccettabili che portano ad uccidere. Dobbiamo accompagnare alla morte, ma non provocare la morte”. Il Papa ha rilanciato l’attenzione su un forte rischio della società capitalista: la cultura dello scarto: “In particolare gli anziani e i malati non siano mai scartati… Tante volte si vede in un certo ceto sociale che agli anziani, perché non hanno i mezzi, si danno meno medicine rispetto a quelle di cui avrebbero bisogno: questo è disumano; questo non è aiutarli, questo è spingerli più presto verso la morte. E questo non è umano né cristiano. Anche se non parlano, e se sono senza senso, sono tuttavia il simbolo della saggezza umana!”.
Questa realistica fotografia della realtà sociale coincide oggettivamente con la preoccupazione espressa dalla Consulta di tutelare “le persone deboli e vulnerabili”.
Dopo la decisione della Corte, il promotore del referendum, Cappato, ha annunciato la disobbedienza civile. Avremo quindi, dopo i no-Tav e i no-Vax, i no-Consulta. Questo pone domande serie sulla convivenza civile in un Paese democratico: lo Stato di diritto può essere stravolto da gruppi organizzati? Nella società capitalista solo le leggi del mercato vanno rispettate? La Costituzione può divenire un semaforo che si rispetta soltanto quando conviene?
Infine va segnalato che alla Camera riprenderà l’esame del disegno di legge sul “suicidio assistito”: i partiti sono fortemente divisi e già si preannuncia, come sul ddl Zan, una rottura tra Montecitorio e Palazzo Madama, accresciuta dal clima elettorale che ha ormai colpito le forze politiche a un anno dal voto; la discussione andrebbe appaiata con la proposta di rilancio delle cure palliative avanzata dalla ministra per la famiglia, Bonetti. In particolare sarà opportuno conoscere il dispositivo della sentenza sul fine-vita della Corte, con tutte le motivazioni, etiche e giuridiche. Il rapporto vita-morte esige una discussione parlamentare “meditata”, nel rispetto delle sensibilità di tutti, senza forzature, specie elettorali.