(Paolo Paulissich)
Tra fine ‘800 e inizi ‘900 il Canavese visse una interessante situazione economico sociale. Il nascere di nuove attività industriali, grazie soprattutto all’abbondante presenza di corsi d’acqua da cui trarre l’energia necessaria ai nuovi processi produttivi, segnò una svolta epocale per lo sviluppo industriale. I primi insediamenti nacquero nell’Alto Canavese sfruttando i torrenti Orco e Soana, che fornivano energia per l’industria. Molti imprenditori, grazie a queste favorevoli condizioni, impiantano la propria attività in Canavese. Tra queste ricordiamo le Manifatture di Cuorgnè, Pont, Rivarolo e S. Giorgio Canavese, lo stampaggio a caldo e naturalmente l’Olivetti a Ivrea. L’avvento dell’industria in Canavese modificò la struttura sociale delle nostre comunità incluso il sistema di collegamento e di trasporto specie su rotaia.
In tale contesto si inserisce la vicenda della filovia canavesana e del suo intraprende ideatore, Lorenzo Vallino. Raggiunta dalla Ferrovia Canavesana nel 1885 ed in procinto di vedere completato il collegamento con Pont, Cuorgnè avvertì la necessità di unire l’Alto Canavese ad Ivrea con un mezzo di trasporto moderno che potesse sostituire l’Omnibus trainato dai cavalli che proseguiva con lentezza. Vallino intravide lo spazio per una iniziativa rischiosa ma remunerativa, grazie alla sua esperienza nella produzione e sfruttamento dell’energia elettrica. Nel 1905 venne fondata la “Società Anonima della Filovia Cuorgnè-Ivrea” una tra le prime società in Italia a prevedere l’impiego di mezzi elettrificati nelle linee di trasporto pubblico.
L’impresa prevedeva un ampio coinvolgimento territoriale con i comuni interessati dalla linea, la cui lunghezza fu stabilità in 24,90 Km.
Dal capolinea di Cuorgnè, utilizzava il ponte sull’Orco e scendeva a Spineto per raggiungere Castella-monte, effettuando la prima fermata di fronte alla Rotonda Antonelliana. Raggiungeva poi la stazione ferroviaria, con altra fermata, percorrendo la nuova strada di circonvallazione con ancora una fermata prima del bivio per Bairo. Da Pramonico iniziava la discesa verso Ponte Preti sul torrente Chiusella, a Strambinello, a un centinaio di metri dalla centrale di alimentazione della linea, per iniziare la risalita che avrebbe condotto le vetture a toccare in rapida successione Quagliuzzo, Parella, Colleretto, Samone e Ivrea.
L’impianto di produzione dell’energia elettrica situato in località Ponte dei Preti si serviva della forza idraulica del Chiusella ed essendo situato all’incirca a metà percorso consentiva di ridurre la dispersione di energia. Furono impiegati diversi tipi di vetture tra cui quelle aperte nella parte superiore che potevano trasportare tra i 14 ed i 18 passeggeri e non mancavano certo le vetture adibite al trasporto merci. Le aspettative erano alte e con il procedere dei lavori andò aumentando l’interesse. Nei paesi attraversati dalla linea la gente guardava con curiosità i pali che venivano innalzati sul quale erano posti tre fili di rame. Fu creata la mansione dei “guardafili”: sorvegliante che vigilava sull’efficienza e l’integrità della linea.
L’attesissima inaugurazione avvenne a Cuorgnè il 30 marzo 1908 e le prime scintille del trasporto elettrico riscaldarono i cuori di viaggiatori e fautori dell’iniziativa. Le partenze mattutine erano tre: alle 4.20 del mattino, una pomeridiana e l’ultima alle 17.50. Le vetture percorrevano i 24 Km in 1 ora e 40 minuti poiché la velocità non superava i 20 km orari. I biglietti potevano essere acquistati nelle stazioni capolinea. Tre squilli di tromba, suonata dal conducente, avvisavano i viaggiatori dell’imminente partenza. C’era chi caricava sulla filovia anche la bicicletta. Nel settembre 1908 si approvò il completamento della linea con l’attraversamento di Ivrea. Nel 1909 la Società ottenne dalle Regie Poste l’autorizzazione al trasporto della corrispondenza.
La filovia attraversa gli anni della prima guerra mondiale e dovette fare i conti con il taglio degli aiuti al sistema filoviario. La Società Anonima della Filovia Cuorgnè-Ivrea resistette fino al 1935 quando introdusse il primo autobus e nel gennaio 1936 le vetture filoviarie cessarono definitivamente. La trazione elettrica a filo – come veniva definita nel primo ventennio del XX secolo – ebbe in Italia una discreta diffusione soprattutto nelle regioni del Nord, ma fu caratterizzata da reti assai spesso effimere, la cui durata non superava i quattro o cinque anni. Uniche eccezioni possono considerarsi le filovie de L’Aquila (1909-1924), quella di Cuneo che ammodernata, sarebbe arrivata al 1968, la Alba-Barolo (1910-1919) e la Ivrea-Cuorgné (1908-1935).
La scarsa diffusione e la breve durata degli impianti cosiddetti “primordiali” ebbe molte cause, tra le quali certamente anche le caratteristiche dei veicoli impiegati, che assomigliavano quasi sempre a vecchi omnibus o diligenze del passato, adattate alla loro nuova funzione. Il modello di filobus realizzato dalla Società per la Trazione Elettrica per l’Esposizione Universale di Milano del 1906 “fece scuola”, così come per la captazione della corrente mediante l’utilizzo dell’asta unica con carrello a quattro ruotine “sistema Cantono-Frigerio”. I filobus della S.T.E. o comunque ispirati a quel modello, presentavano le ruote con gomme piene, le quali, unendosi al fondo molte volte sconnesso delle strade dell’epoca, rendevano assai poco gradevole il viaggio, specialmente su lunghe distanze.
“La Fiat fu la prima in Italia a progettare e costruire filobus. Lo sviluppo preso dai servizi filoviari è dovuto principalmente al progresso tecnico realizzato dalla Fiat anche in questo campo”. Queste orgogliose affermazioni aprono un fascicolo risalente al 1952 dal titolo “Le filovie e la Fiat” che magnifica le realizzazioni della Casa torinese nel settore filoviario. Di queste asserzioni è certamente vera la seconda ma non la prima, visto che sappiamo dell’esistenza delle filovie “primordiali”, le quali cominciarono ad ammodernarsi negli anni ‘20 del XX secolo. Esempio di tale rinnovamento delle carrozzerie è certamente rappresentato da due unità che – numerate 18-19 – presero servizio tra Ivrea e Cuorgné nel 1928. Esse – pur mantenendo l’asta unica con carrello per la captazione della corrente – presentavano una diversa e più moderna forma, presumibilmente derivata dalle “vetture automobili” che si andavano diffondendo in quel periodo, ed erano dotate di pneumatici con camera d’aria.
Nel 2008 Emilio Champagne, Attilio Perotti e Walter Gianola, hanno ricordato la filovia nel loro libro: “Scintille in Canavese”, le notizie della centrale idroelettrica presso l’Archivio storico Enel.