(Mario Berardi)
L’unanimità delle forze politiche sulla guerra Russia-Ucraina è già finita: si è aperto uno scontro durissimo tra il leader pentastellato Giuseppe Conte e il premier Mario Draghi sulle scelte della Nato e il ruolo dell’Italia; ci sono timori di crisi di governo e il presidente del Consiglio, preoccupato, è salito al Colle per consultazioni.
Non è in discussione il sostegno all’Ucraina (anche con aiuti militari), ma il Documento finanziario per il 2023, che deve essere presentato alle Camere entro il 10 aprile. Il premier intende inserirvi l’incremento delle spese militari deciso dalla Nato dopo l’invasione russa; per la verità questa scelta risale al 2006 ed è stata ribadita nel 2014, con l’assenso – sino ad oggi – di tutti i governi. Ora il termine dell’impegno diviene tassativo: il 2% del PIL entro il 2024 (per l’Italia, in un triennio, si passerebbe da 25 a 38 miliardi); Draghi ritiene vincolante la solidarietà atlantica in questo frangente bellico, Conte (diversamente dal ministro degli Esteri Di Maio) pensa che la priorità vada assicurata alle spese sociali e sanitarie, con incrementi minimi delle spese militari (nei suoi tre anni di governo sono salite del 17%).
Sulla linea Conte la sinistra di Leu (Speranza, D’Alema), l’ex ministro Delrio (esponente dei catto-dem); il segretario del Pd Letta, pur schierato sulle posizioni atlantiche di Draghi, sta cercando una difficile mediazione con il leader pentastellato. Nel centro-destra i Leghisti hanno proposto un Governo senza i Grillini, mentre la Meloni è tra le più convinte della strategia di Palazzo Chigi, pur restando all’opposizione; nei Centristi l’ex ministro Calenda non vuole gli Ucraini nell’Unione Europea.
Un panorama molto frastagliato, non all’altezza delle drammatiche vicende determinate dall’aggressione di Putin al popolo ucraino. In ogni caso la crisi di governo sarebbe un’autentica débacle per il Paese e molti fanno affidamento sui poteri “di persuasione” del Presidente Mattarella, che intanto continua nella sua denuncia pubblica della responsabilità di Mosca.
È peraltro vero che divergenze strategiche stanno emergendo tra l’America di Biden e l’Europa di Macron e Bruxelles, mentre nella stessa Unione Europea i Paesi del Nord resistono alla proposta di un tetto ai prezzi del gas. Contemporaneamente è andata in frantumi l’alleanza sovranista di Visegrad, con Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia in rottura con l’ungherese Orban per la sua “mano tesa” a Mosca.
Sul fronte della politica interna italiana le vicende belliche hanno confermato la crisi latente delle due coalizioni: nel centro-sinistra Conte, in caduta nei sondaggi, cerca la rivincita sul Pd, nel centro-destra la Meloni è sempre più lontana dall’asse Salvini-Berlusconi, soprattutto dopo l’investitura del leader di Forza Italia al segretario leghista; e anche la preparazione delle liste elettorali per le amministrative di giugno procede tra veti e ripicche (nella stessa Torino l’avversario più tenace del sindaco Lo Russo è il gruppo grillino, mentre in Regione siamo alle “carta bollate” tra gli amici-nemici di Giunta Leghisti-Fratelli d’Italia).
Una nota positiva emerge invece dalle misure per l’accoglienza dei profughi ucraini, giunti in Italia in oltre 75mila: non solo cresce la grande solidarietà di famiglie, associazioni, volontariato, ma ora il Governo ha stanziato 300 euro al mese per ogni rifugiato (150 per ogni minore) e la Protezione civile lancerà un bando a cui potranno rispondere cittadini, associazioni, enti religiosi per accogliere 15 mila persone.
Permangono invece le difficoltà sul versante economico, paventate in particolar modo dal Governatore della Banca d’Italia, Visco. Ma le sanzioni alla Russia, ha ricordato ancora da Trieste il presidente Mattarella, sono essenziali per far recedere Mosca da una guerra devastante per milioni e milioni di persone; accettare i riflessi negativi delle stesse sanzioni è una forma politica e sociale di autentica solidarietà verso le popolazioni aggredite, come gli aiuti umanitari.