C’è un tempo per ogni cosa: anche quello per ricevere 200 euro dal Governo, una tantum, alla condizione di avere un reddito inferiore ai 35 mila euro lordi l’anno.
Il regalo andrà ai lavoratori dipendenti come agli autonomi, ai disoccupati come ai pensionati, a chi vive in una famiglia numerosa come ai single, a chi riceve il reddito di cittadinanza, alle colf. È la risposta – ahimè, con l’impressione che l’erogatore la veda come soluzione per far fronte ai rincari di gas, luce, carburanti, alimentari e quant’altro – che il Governo ha adottato con il decreto “Aiuti” e che riguarderà 28 milioni di italiani. Tassando di più i profitti energetici delle aziende produttrici, importatrici e rivenditrici (a noi) di energia elettrica, gas e prodotti petroliferi, il Governo trova i denari per questo gesto di carità (a noi), che nasce e muore in un batter d’occhio, giudicato da taluni come una presa in giro di fronte all’aumento delle spese militari da una parte e della povertà di singoli e famiglie dall’altra, che lascia sostanzialmente le tasche vuote dal susseguirsi di crisi: prima quella pandemica e adesso quella della guerra.
A quando dunque misure che inneschino vero sviluppo sul medio e lungo termine, crescita, fiducia nel futuro che vuol dire riuscire di nuovo a mettere al mondo dei figli, investire nel capitale umano come risorsa per il nostro Paese? Grazie del regalo, ma forse non è ciò di cui abbiamo maggiormente bisogno, seppur viziati da lunghi anni di assistenzialismo fine a se stesso.
Feriti nella dignità dai 200 euro, gli uomini e le donne di oggi chiedono e vogliono lavoro per mantenersi, mettere su casa e famiglia, invecchiare sapendo come e con quali garanzie costruite sui loro contributi. Ma nelle pieghe della nostra società c’è qualcosa che non funziona e che rischia di continuare a non funzionare per lungo tempo, e lo segnalano le organizzazioni che si occupano di povertà: crescono le richieste di aiuto.
Mentre noi che per ora alla Caritas ancora non ci andiamo, stiamo rimodellando il nostro carrello della spesa: acquistiamo sempre di più prodotti a basso costo, compriamo quel che possiamo permetterci in queste condizioni (che per milioni di italiani stanno peggiorando), rateizziamo le spese, tiriamo la cinghia, accettiamo la carità dello Stato come palliativo di corto respiro, vendiamo la nuda proprietà per conservare un tetto e la liquidità per affrontare la vecchiaia, andiamo in vacanza ridotta e low cost.
L’autunno ci attende a piè fermo.