(Fabrizio Dassano)
Alcuni Comuni del Canavese hanno iniziato a limitare l’uso dell’acqua potabile chiudendo la distribuzione dalle 23 alle 6 del mattino. Il fiume Po è in secca come non mai da 70 anni: e l’acqua del mare, che è notoriamente salata, sta risalendo il letto del maggior fiume italiano per circa 20 km. La neve in montagna si è sciolta per l’innalzamento termico di stagione. Insomma, si profila il tipico “tragedione estivo transpadano”.
Già solo a leggere e sentire le notizie ti prende una caldana. Draghi è in Israele per provare a comprare il loro gas: va tutto bene, eccetto che non si sa dove farlo passare. Per il prossimo autunno-inverno si profila invece il “tragedione” di bassa stagione: il gelo della steppa ci farà soccombere come la peggior offensiva russa scatenata contro l’Europa, una perturbazione siberiana ci avvolgerà nel gelo.
Ma per ora l’attenzione è sul rincaro degli ombrelloni e sdraio dell’Italia balneare. Oltre che sul caro-carburanti: secondo la “borsa dei carichi” oggi da noi la benzina costa in media 2,14 euro al litro contro 1,20 euro in Albania e 2,29 euro in Olanda. È interessante il confronto fatto curiosando nella tabella media mensile dei prezzi del vino (pezzature da 100 litri): Piemonte Barbera: 1,10 al litro, Reggiano Lambrusco: 56,5 centesimi al litro, Sangiovese 83 centesimi, Bianchi Colli Albani 42,5 centesimi; il Valdobbiadene Prosecco spacca (3 euro e 10 al litro!), mentre il Vermentino di Gallura è quotato a 2 euro e 5 centesimi al litro.
Le cronache raccontano che una grossa siccità si verificò nell’inverno 1539–1540 quando non piovve per cinque mesi. Il grano in Lombardia e Emilia non maturò, e si verificò un aumento del prezzo che determinò una carestia.
Nel 1616 fu di nuovo ora: dall’Europa Orientale la siccità arrivò in Occidente e non piovve più dalla primavera all’estate. Invece nel 1741, dopo un inverno lunghissimo e freddissimo, non ci fu pioggia e a metà agosto furibondi temporali si scatenarono ovunque. A Torino vennero misurati dei “chicchi” di grandine grossi come palle di cannone del diametro di dieci centimetri che distrussero tutti i vetri della città. Siccità rimarchevoli si registrarono ancora negli anni 1945, 1954, 1959, 1962, 1976, 1980-81, 1994-95, 2003, 2011, 2015 e quest’anno. Bene (si fa per dire).
Giacomo Leopardi nel “Dialogo della Natura e di un Islandese”, raccontava di un Islandese, viaggiatore per il mondo alla ricerca di tranquillità, che giunto nell’Africa equatoriale, si imbatté nella Natura, gigantesca figura di donna, bellissima quanto austera. Lo sventurato spiega in modo umile le ragioni delle sue disgrazie e racconta le peripezie che lo hanno portato ad una vita peregrina. Celebri i passaggi sui disagi causati alla specie umana dagli agenti atmosferici, il continuo patire senza consolazione alcuna, e il costante peregrinare che ha portato l’islandese alla convinzione che l’uomo non potrà mai vivere senza dolore, e che il patimento sia inevitabile quanto la pace irraggiungibile.
La Natura opera seguendo un ciclo perpetuo di produzione e distruzione dell’universo; l’esistenza del mondo stesso poggia su una legge universale: non v’è “in lui cosa alcuna libera da patimento”. Il finale della vicenda è un vero colpo di genio leopardiano: “[…] è fama che sopraggiungessero due leoni, così rifiniti e maceri dall’inedia, che appena ebbero forza di mangiarsi quell’Islandese”.