Il 7 marzo 1934 il prevosto Enrico Boratto ottenne il permesso di pubblicare il primo dei due volumi dedicati allo studio di “Piverone nella storia del Piemonte”.
Come parroco e come piveronese di nascita egli avvertiva una particolare “dedizione ed amore” in questo lavoro che si prefiggeva di far “rivivere ai piveronesi la vita dei loro avi”.
Attraverso una ricerca minuziosa e documentata ripercorreva le fasi salienti della storia del paese.
I due volumi, ricchi di fotografie dell’epoca, iniziavano la disamina storica con i ritrovamenti di epoca preistorica, di cui don Boratto fu, se non l’artefice, almeno tra i primi divulgatori.
Senza il suo interessamento probabilmente il ricordo delle fornaci di epoca preistorica intorno al Gesiun o gli stampi per la fondita di spade non ci sarebbero mai pervenuti.
Come si sarebbe persa memoria di molti documenti (alcuni di questi andati dispersi e non più rintracciabili oggigiorno nell’archivio comunale di Piverone) riguardanti il Comune, la chiesa e le confraternite locali.
La sua disamina non si fermava alla semplice elencazione di quanto ritrovato ma attraverso i documenti affrontava le ragioni profonde del nascere del Borgo delle Coste dai cantoni che formavano la zona in precedenza (tra cui Liviono, Navione, Ursacio) che poi altro non è che la parte più antica di Piverone.
Nascita che poneva il suo fondamento nello scontro fra Ivrea e Vercelli e sulla tassa di pedaggio (molaria) che quest’ultimo doveva pagare agli eporediesi.
Il borgo garantiva diverse franchigie ai suoi abitanti ma li rendeva sottomessi a Vercelli e chi ne pagò pesantemente il dazio fu … l’abitato di Palazzo! Perché a seconda del momentaneo vincitore questo borgo veniva distrutto o riscostruito.
Lo scontro fra Vercelli (Visconti), Monferrato (Paleologi) ed Ivrea (Savoia) durò a lungo, sino a quando nel luglio del 1376 Piverone non si sottomise al potere sabaudo.
La narrazione dei due libri proseguiva affrontando le nuove dinamiche che le vicende storiche andavano sviluppando: dal sorgere della Baronia di Piverone e alle sue trasformazioni; alla successione dei rettori della locale parrocchia partendo dalla pertinenza dell’abbazia di Santo Stefano di Ivrea sino al privilegio concesso ai piveronesi di scegliere da sé il proprio parroco che finì molto spesso con il far convergere la scelta sopra un sacerdote del luogo.
Don Boratto portò a termine la sua opera con molta semplicità (termine che potrebbe apparire riduttivo ma implica invece una profonda conoscenza della materia trattata e la capacità di esporla facendosi contemporaneamente comprendere da quasi tutti) scrivendo due volumi (il secondo pubblicato nel 1937) e raccontando non solo le vicende storiche ma anche agli usi e i costumi dei secoli passati.
Descrivendo, come avrebbe detto lui, anche la vita folkloristica di Piverone. Così facendo egli cercava di dimostrare come la Chiesa fosse “l’anima di un popolo, la sua storia fosse la storia del popolo e la sua vita fosse la vita del popolo stretto intorno ad essa”.
A giorni verrà pubblicato il terzo volume di “Piverone nella storia del Piemonte”.
Don Boratto, dopo aver pubblicato i primi due volumi (“Sulle origini e sue chiese” e “Cose e persone nostre”) ed averli distribuiti gratuitamente ai parrocchiani, si accingeva a terminare la sua ricerca quando nel 1939 la morte lo colse.
Il nuovo lavoro sarebbe stato sottitolato “Documenti di nostra vita”. Anni dopo don Rolfo, un altro sacerdote di Piverone, ritrovò in parrocchia il faldone delle ricerche che passò allo studioso e ricercatore Guglielmo Berattino.
Questi, coadiuvato nelle ricerche dalla locale amministrazione, è riuscito a dar corpo al lavoro rimasto inedito.
Ed è intenzione del sindaco e dell’amministrazione distribuire gratuitamente anche questo terzo volume quest’estate mentre l’ASAC (Associazione di storia e Arte Canavesana) lo farà con i propri soci l’anno venturo.
Danilo Zaia