“In principio tu ti sederai un po’ lontano da me, così, nell’erba. Io ti guarderò con la coda dell’occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po’ più vicino…”. Lo diceva la volpe al Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry, che piano piano gli concederà di avvicinarsi a lei; non saranno necessarie parole per avere il suo permesso e guadagnarsi la sua fiducia.
Eppure nei rapporti umani le parole sono importanti, pur sapendo che molte volte con le parole si rischia di rovinare tanto di questi rapporti. E quindi anche il silenzio trova il suo spazio e ha il suo valore. “Il silenzio è d’oro, la parola d’argento”: è un antico proverbio italiano; il momento per tacere viene prima, dopo aver imparato a mantenere il silenzio si potrà parlare in modo sensato.
Esiste evidentemente un momento per tacere e un momento per parlare. Ed è anche vero che certi silenzi sono più eloquenti di molte parole. Lasciano tracce, seminano domande, fanno sorgere dubbi salutari in chi li vede e in chi li “ascolta”. Perché anche il silenzio (nostro e altrui) lo si ascolta, e talvolta fa molto rumore.
Anche il silenzio è un modo di comunicare, e comunicare è sempre faticoso, mai privo di insidie. Trovare le parole giuste è necessario e spesso difficile, azzeccare i silenzi altrettanto, interpretarli pure.
La volpe e il Piccolo Principe non erano ancora fisicamente vicini, facevano le mosse di addomesticamento per esserlo, un giorno. Però si guardavano in faccia, probabilmente gustando quella conversazione di cui abbiamo perso il piacere, quando interponiamo tra noi e gli altri dei mezzi di comunicazione in cui il vedersi non è essenziale, incappando più facilmente nei malintesi; una battuta diventa cosa seria, una frase capita al contrario, una lamentela fraintesa, un pettegolezzo che diventa verità…
“Prima pensa, poi parla, perché parole poco pensate portano pena”, dice il saggio.