Octavio Floreal nasce a Las Palmas di Gran Canaria in Spagna nel 1966, oggi vive e lavora a Torino.
Si laurea in Belle Arti all’Università della Laguna di Tenerife. Ad Anversa arriva con l’Erasmus, alll’Istituto Superiore di Arte Visiva; e nel 1997 si diploma in Arte Grafiche alla Reale Accademia di Belle Arti della città belga. Nel 1994 la prima mostra , “NW 27º 25º- 15º 13º”, Galleria Mirca, Kapellen, Belgio, Paese in cui risiede per undici anni.
La prima personale è in Spagna, nel Gabinete Literario, Las Palmas di Gran Canaria.
Nel 2000 riceve il premio dal Centro psicoterapeutico di Mollenbeek, Bruxelles. Nel 2001 si trasferisce a Roma dove ha luogo nel 2005 la prima personale italiana, alla Galleria L’Union.
Alla prèmiere di “Indagine VI’22” ci accoglie un ragazzone alto, gentile, che pare temporaneamente uscito dal quadro “La rendición de Breda” di Diego Velázquez e ci racconta con semplicità ed entusiasmo la sua arte nello splendido parco di Villa Occhetti, che diventa scenografia delle sue sculture in filo di ferro.
Un parco romantico voluto dalla famosa Virginia, divenuta contessa di Lantosca nell’800, amica per tutta la vita di Francesco De Sanctis, “padre” della letteratura italiana. “Indagine VI’22” offre al visitatore una parata di caratteri iconografici.
“Le dimensioni degli oggetti, indipendentemente da quanto rappresentano, sono uguali – afferma l’artista –, una mano è grande quanto una persona, un letto, un fiore. Sono icone, concetti. Realizzo queste opere in bianco e nero, per sottolineare il senso di scritture e di narrazione, con una linea unica e continua, proprio come scriviamo le parole”; e in effetti le sculture tridimensionali paiono caratteri, o meglio, ideogrammi compositi e scomponibili in significati diversi.
Si riconoscono profili di Goya (Maja desnuda), la Venere preistorica di Willendorf, figure che si intrecciano restando autonome, come una manciata di caratteri corsivi neri che volano nell’aria.
Aria che diventa il suo sfondo bianco, la sua pagina.
Notevoli le installazioni in una dépendance della villa: lì si procede al buio e si raggiungono stanze cosparse di foglie secche, perché anche il rumore che fanno, calpestandole, è parte della narrazione.
Lo spettacolo è rappresentato dalle sagome in filo di ferro appese e le loro ombre proiettate sui muri, un ambiente reso quasi sacrale, magico, per l’effetto che rimanda alla lanterna magica, ma anche al teatro delle ombre del Wayang Kulit dell’isola di Giava, e a quell’idea di pittura preistorica delle grotte di Lascaux: qui moderni sistemi di illuminazione minimale, là fuochi per squarciare la tenebra e permettere alla mano dell’artista di compiere l’atto creativo. Nell’orangerie le sculture “camminano” appese sullo sfondo biancastro dei muri e prendono volume, o appaiono chiuse in uno spazio di cornice.
Una mostra molto interessante insieme alla valorizzazione di Villa Occhetti nello spazio d’arte contemporaneo, voluto dalla proprietà. Sarà visitabile fino al 4 settembre, tutti i sabati dalle 15 alle 19 e le domeniche dalle 11 alle 18.
Ingresso gratuito.
Apertura in settimana su appuntamento: villaocchettieventi@gmail.com, 392/00.99.556.
Per visite guidate: info@anabasi.art.
Fabrizio Dassano