La tragedia della Marmolada ha oscurato il conflitto Conte-Draghi, ma il dibattito politico ha confermato la crisi profonda delle due coalizioni e le difficoltà crescenti della maggioranza in Parlamento, a cominciare dal varo del decreto-aiuti.
Nel centro-sinistra il ministro Franceschini, autorevole esponente dem, ha lanciato l’ultimatum al M5S: se cade Draghi per vostra scelta, l’alleanza alle politiche 2023 sarà impossibile. Ognuno per la sua strada. Il titolare dei Beni Culturali ha di fatto accantonato la linea delle “larghe intese” (contestata anche da Romano Prodi) e ha rilanciato il sistema elettorale proporzionale, unendosi a quelle componenti moderate (nei centristi e in Forza Italia) che propongono l’ex presidente della BCE a Palazzo Chigi anche nella prossima legislatura.
I Grillini, anche dopo la scissione Di Maio, continuano ad essere divisi tra chi preme per la crisi di governo (a cominciare da “Il Fatto Quotidiano” di Marco Travaglio) e chi segue l’indicazione del fondatore e garante Beppe Grillo, a favore di Draghi. Ma un sondaggio di SWG per La7 di Enrico Mentana sembra dar ragione ai timori di Franceschini: la maggioranza dell’elettorato grillino vuole andare da solo alle urne, senza il Pd (con una sostanziale bocciatura della linea di Enrico Letta).
Nel centro-destra si confermano due fratture.
La prima riguarda la Meloni e la sua richiesta di leadership in caso di vittoria alle politiche; Berlusconi e Salvini rinviano sempre la scelta e, di conseguenza, la coalizione è ferma, con polemiche aspre tra i numeri due di FdI e Forza Italia, La Russa e Tajani. Il dibattito sul programma di governo è rinviato sine-die.
Il secondo dissenso è interno alla Lega: il “cerchio magico” di Salvini preme per la crisi di governo, imputando a Draghi la caduta elettorale; i ministri e i Governatori ritengono invece “pazzesca” (Giorgetti) questa proposta, molto negativa per il Paese e per il mondo produttivo. Anche qui il dibattito sui programmi è marginale, tranne il veto di Salvini alla proposta di legge sullo jus scholae, una misura “di civiltà” incoraggiata dal nuovo presidente della CEI card. Zuppi.
Lo scontro nelle due coalizioni non aiuta tuttavia il ventilato “nuovo Centro”, perché le ambizioni personali dei leader continuano a prevalere sulle strategie politiche e i programmi. Ora è apparso sulla scena come possibile “federatore” il sindaco di Milano, Sala (sgradito a Di Maio); il candidato-leader si è subito distinto con la scelta di misure radicali sui temi etici, in particolare con la registrazione allo stato civile di figli con due madri. Sala è stato prontamente “bacchettato” dall’autorevole giurista Flick, già presidente della Corte costituzionale: le leggi – ha ricordato Flick – sono di competenza del Parlamento, non dei sindaci, secondo il primo articolo della Costituzione repubblicana.
Anche sul piano economico-sociale il confronto sui temi lascia a desiderare: si va dalla richiesta di nuovo deficit statale da parte dei “sovranisti”, senza considerare i rischi per la tenuta finanziaria del Paese dopo la svolta “tedesca” alla BCE, alla generica adesione alla linea Macron di governo secondo i meccanismi dell’alta finanza.
In ogni caso si preannuncia un nuovo “autunno caldo”, politico e sociale, con la guerra che continua e la pandemia in ripresa. In primo piano la lotta all’inflazione, salita all’8%, la corsa ai rifornimenti di gas (dal Mozambico alla Turchia), il rinnovo dei contratti di lavoro, il taglio “doveroso” del cuneo fiscale per rafforzare le retribuzioni e contrastare le nuove povertà…
La guida autorevole di Mattarella e Draghi sarà chiamata a nuove prove, a cominciare dalla politica: la spinta delle componenti sovraniste nei Grillini e nella Lega punta al modello francese di due opposizioni a destra e a sinistra, senza attenzione al tema delicatissimo della governabilità, puntando sull’oggettivo disagio sociale.
L’area istituzionale, per reggere la sfida, dovrà puntare a un dialogo “popolare” che dia la priorità ai valori e ai programmi, con un forte ancoraggio alla Carta costituzionale sui temi della giustizia, dei diritti e dei doveri, della ricerca incessante della pace. Il voto politico del 2023 si preannuncia come un tornante decisivo della storia repubblicana.