Contrastare la violenza – sessuale e non solo – è possibile attraverso una serie di azioni che coinvolgono tanto la politica – o le politiche – quanto i cittadini, tanto le vittime quanto gli aggressori. In estate questi fenomeni hanno tendenza ad aumentare per tutta una serie di ragioni. Oggi il cammino è ancora tutto in salita ma, ricordando i fatti di cronaca, ci è dato di riflettere sull’ambito della protezione su cui devono poter contare le ragazze, le donne e chiunque subisca un atto di aggressione.

Troppo spesso si è abituati a risolvere da soli i problemi che si incontrano. E spesso si sopravvalutano le proprie forze e le proprie capacità di gestire i conflitti. In uno scontro fisico tra uomo e donna, quest’ultima è più probabile che soccomba a causa di elementi fisiologici legati a potenza e forza totalmente differenti tra l’uno e l’altra.

Per quanto non lo si voglia ammettere gli uomini e le donne sono fisicamente e biochimicamente differenti, e lo sa chi insegna tecniche di autodifesa, che fornisce strumenti utili a districarsi in situazioni in cui c’è aggressione. Spesso, quello che insegnano le tecniche di autodifesa, è di comprendere il contesto, analizzare la situazione, cercare risorse e vie di fuga: perché la prima e migliore arma difensiva da utilizzare è quella della riflessione, dell’osservazione e di una presa di decisioni utili a minimizzare il rischio di incorrere in situazioni potenzialmente pericolose e drammatiche.

Quando una persona è vittima di un sopruso o una sopraffazione – a partire da quello che può sembrare un “semplice” dispetto, o quando c’è inferiorità numerica –, è utile coinvolgere qualcun altro, estraneo alla vicenda, allertandolo per chiedere aiuto. Essere capaci di comprendere il contesto aiuta anche a dare un valore corretto alle cose: lasciare che dei malintenzionati ci portino via un oggetto, seppure di valore, è meglio che rischiare di mettere a repentaglio la propria salute fisica e psicologica. In alcuni casi, evitare il “braccio di ferro” non solo non permette più all’aggressore di avere qualcosa su cui esercitare il proprio potere, ma garantisce la possibilità di prendere quelle distanze utili per non farsi ferire.

Restare lucidi consente di soppesare la situazione nel loro insieme, riavvolgendo anche il nastro degli eventi che si sono inanellati e che fanno parte della situazione problematica. È bene comprendere e valutare alcuni elementi di contorno; l’aggressore è da solo? Che forza fisica presenta? Io che condizioni ho di salute, di stanchezza, di fatica fisica e psicologica? Dove e come posso cercare aiuto negli altri? Potrebbe anche esserci chi, volontariamente, cercherà di ignorare la richiesta di aiuto, ma ci piace pensare che ci siano persone sensibili e capaci di indignarsi di fronte a una aggressione e che abbiano la forza necessaria sul momento e poi in sede di denuncia.

Ogni forma di lesione dei diritti e dell’integrità di un essere umano si combatte, prima di tutto, con il cervello. Più i cervelli si associano, più circola una cultura nuova, fatta di sostegno e supporto alla vittima e di interventi orientati al massimo contenimento prima e al possibile recupero poi dell’aggressore; si definiscono azioni ed interventi precisi di gestione dei conflitti, si preparano così le basi per una società dove tutti possano vivere in sicurezza.