Per approfondire il tema del pellegrinare, ed in particolare del pellegrinaggio verso la Madonna di Oropa, abbiamo rivolto qualche domanda a don Gianmario Cuffia, vicario generale della diocesi di Ivrea.
Monsignor Cuffia, ritornare ad Oropa dopo due anni di limitazioni negli spostamenti… come ritrovare il senso del pellegrinaggio?
Non solo le limitazioni dovute alla pandemia, ma anche altri motivi di preoccupazione ci inquietano: gli effetti dei cambiamenti climatici sono ormai evidenti e renderanno questo pellegrinaggio molto “assetato”… Credo che ogni pellegrinaggio abbia bisogno di un’icona, come un quadro biblico che ispiri le ragioni di fondo del mettersi in cammino insieme (la dimensione comunitaria è quella tipica del pellegrinaggio diocesano: il popolo di Dio in cammino). In questo contesto sceglierei l’icona di Esodo 17: “Il popolo protestò contro Mosè: Dateci acqua da bere! Mosè disse loro: Perché protestate con me? Perché mettete alla prova il Signore?”. Un clima di agguerrita contestazione che impedisce di vedere l’acqua che, in realtà, presto sgorgherà dalla roccia. Saliremo a Oropa con il carico delle nostre preoccupazioni, che spesso ci portano alla sfiducia: ma quella fontana posta proprio di fronte alla basilica antica fa riemergere nel nostro cuore la preghiera dantesca alla Vergine: “Sei di speranza fontana vivace”. Forse è proprio la speranza che ci è offerta dalla maternità di Maria il dono di cui necessitiamo in questo periodo difficile.
In pellegrinaggio per chiedere e per ringraziare; dopo due anni così complicati, come trovare le parole per ringraziare?
Chiedere e ringraziare non sono atteggiamenti che stanno in contrapposizione. La preghiera trova la sua motivazione nel riconoscere il Dio vicino e, nel contempo, Colui le cui vie non sono le nostre, i cui pensieri non sono i nostri. La sua vicinanza di cui abbiamo il segno tangibile nella maternità di Maria che ha inserito Gesù nella storia, è motivo più che sufficiente per vivere in perenne rendimento di grazie, e nello stesso tempo chiedere liberamente ciò che ci sembra più importante per la nostra vita, sapendo che il Signore sempre ci ascolta e ci esaudisce, magari non nel modo che immaginiamo noi, ma nel modo che è più utile per la nostra conversione.
Preparare la partecipazione… come lo si prepara un pellegrinaggio?
La preparazione ad un pellegrinaggio può comprendere tappe diverse, concretamente vissute in ogni comunità. Mi sembra che l’elemento comune dovrebbe essere una catechesi che sottolinei l’attenzione alla penitenza (l’occasione per confessarsi a Oropa non manca) e all’Eucaristia vissuta come momento forte della giornata…. poi ovviamente ci sta anche la polenta concia, ma senza che questa divenga la ragione principale!
Il vescovo ha sottolineato di partecipare “insieme” con gesti concreti; quali ad esempio?
La sottolineatura della dimensione comunitaria è il richiamo che il Vescovo ha posto per aiutarci a superare l’individualismo: comprendiamo da tanti segni concreti che le parrocchie hanno sempre più bisogno di camminare insieme, tutti ne sentiamo la necessità ma … ciascuno la intende a modo suo! Occorre invece individuare alcuni binari comuni, e sollecitare un cammino comune anche attraverso qualche segno concreto. Colgo in senso positivo il coordinamento di diverse cantorie guidate da don Alberto Carlevato che animeranno le liturgie del pellegrinaggio: un’armonia di voci che ci insegna concretamente il valore di un’armonia diocesana da far crescere.
Come si inserisce questo pellegrinaggio nell’ambito del sinodo diocesano? Che spunti ed indicazioni può dare?
Probabilmente il Vescovo toccherà quest’argomento nell’omelia. Inoltre presto pubblicherà la lettera pastorale che avrà anche questo tema. Siamo nel bel mezzo del cammino sinodale ed altre iniziative ci attendono perché questo Sinodo possa imprimere a tutti i livelli nella Chiesa un nuovo stile di fraternità e condivisione.
Carlo Maria Zorzi