Per la prima volta dal 1977 gli occupati in Italia raggiungono il tasso del 60% della popolazione, a conferma del buon andamento dell’economia, nonostante la guerra, il Covid, l’inflazione… Questa notizia positiva conferma ulteriormente l’assurdità della crisi politica in questo momento, destinata, almeno nel breve periodo, a rallentare la crescita, per la ridotta attività di Governo e Parlamento.
L’agosto elettorale, intanto, non ha frenato le difficoltà dei partiti alle prese con alleanze difficili, candidature discusse, programmi da definire.
Nei Pentastellati Grillo ha ripreso in mano il Movimento, di fatto ridimensionando la leadership di Conte: con un “colpo di spugna” (il diktat del limite dei due mandati parlamentari) ha liquidato un’intera classe politica, compreso il presidente della Camera Fico. L’obiettivo dell’ex comico è quello di spostare il M5S sulla linea delle origini: l’opposizione; ma è curioso che la gestione del partito sia affidata a un ex premier, Conte, mentre i leader politico-culturali sono Di Battista e il direttore del “Fatto quotidiano”, Travaglio. Grillo intende risollevare il gradimento pentastellato, precipitato secondo alcuni sondaggi sotto il 10%; ma nei collegi uninominali questa scelta di corsa solitaria mette il M5S fuori gioco: come reagirà l’elettorato al richiamo di “voto utile” il 25 settembre?
Nel centro-sinistra, dopo molte polemiche, Letta e Calenda hanno raggiunto un’intesa per l’alleanza nei collegi uninominali, con una ripartizione 70-30 delle candidature; l’obiettivo è quello di impedire la maggioranza assoluta al centro-destra, puntando su un sostanziale pareggio. Il loro programma rilancia gli impegni del Governo Draghi, a cominciare dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, chiede a Bruxelles un nuovo patto di stabilità, sollecita cambiamenti al Reddito di cittadinanza e al Bonus edilizio al 110%, riprende lo “jus scholae” e i “diritti civili”, ma non ne precisa i termini. Per superare i contrasti politici (Calenda contro la lista rosso-verde alleata del Pd, Letta contro gli ex ministri forzisti) ci saranno candidature “sorvegliate” nei collegi uninominali, ove si gioca la sorte della legislatura.
Nel centro-destra la trattativa sul programma è aperta: le difficoltà riguardano la politica estera (atlantista la Meloni, tiepidi con Putin Berlusconi e Salvini), il ruolo dell’Europa (con Bruxelles, come chiede Forza Italia, oppure con i “sovranisti” alla Orban secondo Meloni e Salvini), il rapporto tra unità del Paese (FdI e Fi) e forte autonomia regionale chiesta dalla Lega, anche in termini economici; nella politica fiscale la Meloni difende la stabilità di bilancio statale, Berlusconi e Salvini cominciano con le promesse su pensioni e Flat Tax, in un Paese già fortemente indebitato.
La campagna elettorale dovrebbe favorire l’emergere di proposte programmatiche precise e concrete, in grado di scoraggiare il forte astensionismo (previsto al 40%). Restano alcune posizioni da definire (Renzi probabilmente correrà da solo), mentre il taglio costituzionale di deputati e senatori mette a rischio diversi leader, anche se non emergono forti candidature alternative.
Avremo quindi una corsa al voto tripolare (centro-destra, centro-sinistra, grillini), con la possibilità, indicata dalla nota sondaggista Ghisleri (quella che previde l’ascesa di Berlusconi), di un Parlamento senza maggioranza assoluta. Sarebbe il bis del 2013 e del 2018, e riaprirebbe la via alla linea Mattarella dell’unità e solidarietà nazionale, abbattuta con la caduta del Governo Draghi. Peraltro il problema delle coalizioni, così ampie, non può limitarsi alla vittoria elettorale, perché il compito primario è il governo del Paese, senza contraddizioni e conflitti interni. Sotto questo profilo le trattative agostane non sono state per ora incoraggianti, essendo emersi molti interessi particolari.
È peraltro vero che la democrazia italiana ha basi solide ed è quindi giusto attendersi, dopo la presentazione delle liste, un confronto civile e costruttivo tra le forze politiche, con il prevalere del “bene comune” sulle spinte particolari o gli egoismi di partito. Anche se improvvisato, il voto del 25 settembre resta una tappa decisiva nel cammino dell’Italia repubblicana.