Lisetta Carmi. Suonare forte” è il titolo della mostra monografica in corso alle Gallerie d’Italia di Intesa San Paolo, inaugurata il 21 settembre e aperta fino al 22 gennaio prossimo, dedicata alla grande fotografa scomparsa a 98 anni nel luglio scorso.

La Carmi, nata a Genova nel 1934 in una agiata famiglia borghese di origine ebraica, dovette lasciare l’Italia per la Svizzera nel ‘38, a seguito delle leggi razziali.

Si dedicò dapprima allo studio del pianoforte, diventando una brava concertista, e poi nel 1960 incontrò casualmente la fotografia che divenne la sua grande passione, cui si dedicò totalmente.

Negli intensi vent’anni del suo impegno in questo ambito volle guardare con un occhio particolare la realtà, mettendo l’essere umano al centro della sua attenzione, spinta in questa direzione esclusivamente da grande empatia verso le persone che lei voleva capire, conoscere e valorizzare.

Per la Carmi la fotografia era uno strumento essenziale di conoscenza, che le consentiva di entrare in rapporto con il mondo circostante con sguardo e atteggiamento di comprensione e ascolto dell’altro.

La mostra, curata da Giovanni Battista Martini responsabile dell’archivio Carmi, presenta 150 immagini prevalentemente in b/n, scattate tra gli anni ’60 e ‘70.

La rassegna è organizzata in otto sezioni tematiche che presentano i suoi reportage più importanti.

Protagonisti sono le persone comuni riprese in strada o in metropolitana.

Alla Metropolitana di Parigi dedicò nel 1965 particolare attenzione, non solo ritraendo i treni in movimento, ma anche e soprattutto le persone che passano e scompaiono in un divenire continuo.

Per questo reportage si aggiudicò il secondo Premio per la Cultura della fotografia a Fermo.

Tra il 1962 e il 1977 fotografò prevalentemente le donne che incontrava, essendo una grande viaggiatrice, nei suoi numerosi spostamenti: dalla Sicilia al Venezuela, da Israele al Marocco, dalla Sardegna all’Afghanistan…

Donne simili, a qualunque latitudine, nella sofferenza e nel rapporto con la vita.

Ciò che però la rese famosa e che costituì uno dei suoi impegni più significativi è rappresentato dalla serie di scatti dedicati al mondo dei travestiti di Genova, cui diede dignità e voce avvicinandosi a loro, innanzitutto, con rispetto, empatia e partecipazione.

Su questo tema pubblicò, negli anni ’70, un volume oggi divenuto di culto, con immagini in b/n e a colori.

Sempre nel solco dell’attenzione alle donne realizzò nel 1968 una serie di scatti sul parto che ben evidenziano il tema della maternità, scatti che riuscì ad effettuare con l’accordo della giovanissima partoriente e dei medici dell’ospedale.

Ma la sua attenzione si rivolse anche ad altre categorie di persone, Nel 1964 ritrasse il mondo del lavoro e cioè i portuali genovesi, i camalli, i lavoratori dell’Italsider, mettendo in evidenza le difficoltà dell’ambiente di lavoro.

Con lo stesso spirito documentò le lavoratrici del sugherificio di Calangianus (Sassari) alle prese con lo sforzo di trasformare la materia grezza in oggetti di uso quotidiano.

La grande curiosità verso gli altri, che alimentava la sua attenzione, la portò anche a fotografare personaggi come Ezra Pound, di cui in mostra c’è una sorta di sequenza eloquente: anche se nell’incontro a Rapallo, durato pochi minuti – come ha avuto modo di riferire la Carmi – Pound non proferì parola.

Al termine della retrospettiva c’è poi la sezione dedicata al compositore musicale Luigi Dalla Piccola e al suo “Quaderno musicale di Annalibera”.

Qui ritroviamo la Carmi degli inizi con la sua passione mai sopita per la musica, che fotografa le note di uno spartito realizzando, con tecniche speciali, grafismi con effetti particolari che fanno pensare all’arte informale.

A favorire l’approfondimento dell’artista e delle sue opere coopera un’intervista filmata che si apre con l’immagine della Carmi davanti a una porta con la scritta “suonare forte”.

Luisa Marucco

Lisetta-Carmi – foto Toni-Thorimbert